Scuola di Pensiero Forte [13]: etica della felicità per una politica buona

 

Scuola di Pensiero Forte [13]: etica della felicità per una politica buona

Nello scorso articolo, abbiamo introdotto rapidamente l’etica ed abbiamo cercato di spiegare come ogni azione umana e, di seguito, ogni sistema politico presuppongano una etica come fondamento.

Ma quale è, tirando le somme, il senso o fine ultimo della vita umana cui ogni etica tende? È la felicità.

Tale fine esistenziale non è in sé oggetto di scelta da parte dei singoli individui, ma viene dato loro insieme con l’umanità, con la loro stessa natura. L’uomo, proprio perché uomo, persegue con ogni sua azione la felicità.

Definire la felicità è difficile, poiché si tratta di uno di quei concetti primi che hanno origine nell’essere stesso della persona. Provando però a dare qualche indicazione a riguardo, senza scadere nelle usuali citazioni di personaggi famosi, possiamo fare nostre le parole che Aristotele scrisse nell’Etica Nicomachea “una vita alla quale, per quanto possibile, non manchi nulla”.

Potrebbe sembrare che all’atto pratico l’uomo non desideri la felicità, ma soltanto le varie cose oggetto della sua attività. Non è tuttavia difficile scorgere la presenza operativa di tale desiderio di felicità in ogni nostra azione: ogni nostro comportamento nasce dalla nostra convinzione di poter raggiungere la felicità attraverso di esso in una data situazione.

Possiamo, semplificando, sintetizzare questa esperienza comune con una duplice formulazione:

  • Una positiva: la felicità è il fine ultimo in cui confluiscono intenzionalmente i vari fini particolari in base ai quali l’uomo decide di vivere (“è in vista di essa che noi facciamo tutto il resto” diceva Aristotele);
  • Una negativa: la vita felice non è mai desiderata come mezzo per raggiungere qualche altra modalità di vita.

Per giungere alla felicità e vivere felicemente, l’uomo realizza delle azioni concrete. Abbiamo visto di recente come ogni azione umana è, in sé, una azione politica, dunque i mezzi con cui viene perseguita la felicità sono mezzi di interesse politico.

Come mai parlare di etica della felicità in connessione alla politica? Semplicemente perché una politica che sia buona, quindi che miri al bene autentico dell’uomo, deve fondarsi necessariamente su una etica che sia buona, reale, fondata solidamente; l’etica che ha come fine quello più essenziale ed assoluto di ogni uomo, che è appunto la felicità, è anche l’unica che può motivare una politica che porti al conseguimento di tale fine. Il bene comune è la felicità.

Già possiamo intuire come si tratti di una questione molto realistica e concreta, e non di mera teoria o speculazione, come neppure di materialismo bieco. Abbiamo a che fare con qualcosa di veramente forte, che richiama la persona ad una radicalità integrale che la trascende e nobilita.

Nel prossimo articolo compareremo il dover-essere della vita umana con la sua finalità politica.

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