Banksy a Napoli

 

Banksy a Napoli

Banksy è volutamene un mistero, chi si nasconda dentro quella Tag nessun lo sa o finge di non saperlo per omertà di cassa, l’interrogativo  non sciolto pompa le sue quotazioni, gli inglesi sanno vendere bene tutto, dalla lingua ai matrimoni reali, figurarsi la street art. 

Questo graffiti artist “morde e sfugge” da vent’anni nella nebbia del mistero quasi fosse l’uomo mascherato o il vecchio caro  Zorro.  Ipotesi tante per dargli un nome e una biografia, è Robet Gunningham nato a Bristol nel 1973 oppure Robert “3D” Del Naja, membro della band di Bristol dei Massive Attack, un gioco che richiama il frutto proibito, la porta che non s’ha da aprire, il nome segreto di Roma. Proprio la Città Eterna gli dedicò una mostra nel 2016 a Palazzo Cipolla intitolata Guerra, Capitalismo e Libertà ideata da Emanuele Emanuele presidente della Fondazione Terzo Pilastro-Italia e Mediterraneo.

La guerrilla art è a suon di stencil e bombolette spry  contro l’ipocrisia del liberismo, le gabbie dorate della ricchezza nei portafogli delle élites e le bombe agli sfruttati, temi cari alla sinistra storica, catene da spezzare per la libertà dei popoli, oggi temi caldi della rive droit. Il messaggio di Banksy acuisce le contraddizioni del global system, è un serial killer dei non-valori delle nostre comunità occidentali, dei techomines, è contro il verbo dell’usura: recidere di netto  le culture, estirpare antiche radici per un mercato dove tutto, ma proprio tutto è merce compreso il muro in Palestina.

Orbene a Napoli c’erano le due uniche opere di Banksy realizzate nella Penisola, una purtroppo è stata coperta dall’ insulsa gelosia di un altro writer, era la silhouette della Beata Alberoni berniniana in versione Mc Donald’s, in estasi gastronomica davanti a un cartoccio di patatine, una Coca Cola ed un gustoso  hot dog.

L’altra è lo stencil la  “Madonna con la pistola” in Piazza Gerolimini tra la facciata della chiesa e l’ospedale delle bambole, accanto c’era l’edicola di una Madonna con bambino, poi rimossa. Lo stencil realizzato non s’ ispira, in realtà, a una Madonna ma a S. Agnese sul rogo, scultura di Ercole Ferrata, datata 1660, collocata nella chiesa del Borromini di S. Agnese in agone in piazza Navona a Roma. Tant’è la santa martire presta le sue fattezze manieriste alla Santa Vergine trasformandola in Assunta in cielo.  Ma nell’aureola dentata compare un revolver di profilo, dissacrazione blasfema in una città da sempre devota alla Madre di Dio per implorare grazie, intercessioni, uscire indenni da povertà, ingiustizie, dolori, nella speranza quotidiana di cavarsela.

Ma Napule è mille paure…/ Napule è nu sole amaro…/Napule è na carta sporca/e nisciuno se ne importa…come recita Pino Daniele in Napule E. Si prega la Madonna ma si spara, si recita il rosario ma con le stesse dita che lo sgranano si delinque per sopravvivere in un groviglio di contraddizioni, è quella Napoli che Edoardo ha confessato amaramente nel suo teatro. Il pugno dell’artista di Bristol è forte, resta impresso su un muro scrostato nel rione Forcella dove i giovani affiliati alla malavita sparavano come in Iraq, magari segnandosi con la croce quando passavano davanti all’edicola della Madonna, chissà per antica devozione o per proteggere se stessi.

Fatto sta che la città del Vesuvio che incute  paura, capitale di un antico Regno, ha sul suo cuore l’unica opera vivente di Banksy nella nostra  Patria, ne è nata una petizione popolare a De Magistris per proteggerla da incurie e vandalismi, nulla di fatto, così oggi una lastra di vetro, posta da un pizzaiolo mecenate, la preserva dai malintenzionati compresa la natura. Lei apre le braccia, il vento vibra tra le sue vesti, sale volgendo fissi gli occhi allo spicchio di cielo, sguardo e gestualità paiono invocare la grazia nel martirio della violenza, ascolta!

Par voglia dire: chesta è Napule, Abbà! A Napule de mille culure e contraddizioni che sa però di non essere mai sola. A Madonna nun spara cerca misericordia pure pe chi accide.

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