Industria 4.0 e Modello Italiano: Artigianato

 

Industria 4.0 e Modello Italiano: Artigianato

Abbiamo già detto che anche l’Italia ha varato un piano di Industria 4.0, con la legge di stabilità del 2016. In Italia, il 76% delle imprese è rappresentato da Piccole e Medie (760 mila su un totale di 960 mila).

Di queste, l’86% sono definite “micro” (con fatturato inferiore ai 2 milioni di Euro, con nessuno o pochissimi addetti). Le micro imprese sono distribuite soprattutto sulle isole, al sud e centro Italia, mentre le piccole e medie imprese sono quasi tutte al nord. Le PMI occupano il 78,7% degli addetti alle imprese in Italia.

Ricapitolando: in Italia ci sono circa 653 mila micro imprese su un totale di 960. Di queste, molti sono artigiani, specializzati in vari “distretti” produttivi, che si sono creati per tradizione o per tipicità, nelle varie regioni italiane. A questi veri e propri “artisti”, che lavorano il legno, che ricamano, che cuciono la pelle, che creano tessuti o che riparano con rara maestria oggetti di uso quotidiano, che reali vantaggi può fornire l’adozione di questa nuova forma di “lavoro”?

Da subito, Confartigianato, ha cominciato a magnificare e a divulgare il nuovo verbo, lanciando slogan tipo “Il servizio sta diventando una componente intrinseca dell’offerta, non più un elemento a corredo. Sempre più spesso, si vende il servizio, non il prodotto”. Se consideriamo il lavoro tipico dell’artigiano, prendiamo per esempio un falegname che costruisce mobili o complementi di arredo, questo servizio è già insito sia nel suo DNA lavorativo, che nel suo lavoro: la soddisfazione del cliente e la realizzazione delle esigenze dello stesso.

Altro “messaggio” che ritengo inutile è “Convertire i fabbisogni del singolo cliente in profitto, soddisfacendo tutte le sue esigenze e differenziandosi rispetto ai concorrenti, mantenendo i benefici di costo tipicamente legati alla produzione di larga serie”. Ovviamente, se voglio comprare un capo di sartoria su misura, il sarto che realizzerà il capo, a meno che non sia un cialtrone, guadagnerà dal suo lavoro. Il prodotto realizzato a mano, su misura, realizzato con materiali eccellenti, non potrà mai e poi mai costare quanto un capo standard, prodotto il larga serie, nemmeno se il sarto adottasse macchine automatiche, o l’internet delle cose. E se le adottasse? Il suo lavoro, il suo “saper fare”, l’unicità dei dettagli, dove andrebbero a finire?

Ma la cosa che ho trovato più esilarante è una diapositiva, in cui si definisce “Un cambio di paradigma”, confrontando la produzione di massa di stampo Fordiano (ieri), con la produzione di piccole serie personalizzate (oggi). Sarebbe stato più opportuno forse dire che le aziende di una certa dimensione, debbano necessariamente adottare uno standard di personalizzazione dei prodotti o di unicità o di “arte”, adattandosi a quello che gli artigiani fanno da millenni. Uno dei punti cardine dell’Industria 4.0, ovvero la dematerializzazione dei processi (anche produttivi), è in antitesi al lavoro degli artigiani.

Gli artigiani, i pochi rimasti, grazie al disinteresse della politica, sono e sono stati la bandiera della nostra cultura, dal Rinascimento ad oggi. La “variabilità” di ogni oggetto realizzato a mano è una scultura dinamica, una dichiarazione politica di unicità ed irripetibilità, un Manifesto contro il pensiero “usa e getta” che ormai impera.

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