Licenziamenti Ime, uno scandalo

 

Licenziamenti Ime, uno scandalo

Quel che sta avvenendo alla Fondazione Ime (Istituto mediterraneo di ematologia), nel silenzio assordante di tutte le istituzioni, nessuna esclusa, è un vero scandalo: un’eccellenza della nostra Sanità, nata nel 2003, su iniziativa congiunta della Regione Lazio e dei ministeri degli Esteri, dell’Economia e della Sanità, viene lasciata morire e i suoi quaranta lavoratori il 15 agosto saranno licenziati.

A nulla sono valsi, finora, gli appelli lanciati dai dipendenti, per salvare la Fondazione, la cui sede, nel 2005, era sta individuata nel Policlinico di Tor Vergata, dove – in un reparto con day hospital e 22 posti letto – venivano effettuati trapianti di midollo osseo in bambini, affetti da patologie ematologiche, provenienti da tutto il mondo. Il progetto Ime, in breve, era diventato un vero e proprio modello, non solo sotto il profilo della solidarietà e della cura, ma anche come motore per la crescita e la qualificazione di strutture sanitarie straniere, in Paesi afflitti da malattie ematologiche emergenti, quali anemia falciforme e talassemia.

Tutto è andato bene fino al 2015, quando l’allora presidente, il professor Aldo Morrone, con l’appoggio del Consiglio di Indirizzo dell’Ente, chiese al Ministero della Salute la messa in liquidazione dell’Ime, motivandola con un mancato “ulteriore” finanziamento. Il Ministero accettò la richiesta e nominò un liquidatore, il dottor Nando Minnella, che aveva l’obiettivo (solo teorico) di salvaguardare i livelli occupazionali: in realtà, sotto questo profilo, non è stato fatto nulla e l’Ime è stata, via via, svuotata e portata verso la “morte”.

Il liquidatore si è sempre giustificato, dicendo di non trovare interlocutori alla Regione Lazio. Eppure, l’assessore alla Sanità, Alessio D’Amato, appena un mese fa, in via riservata, aveva promesso ai sindacati di risolvere il problema dei lavoratori, ricollocandoli altrove. Da allora, però, D’Amato è letteralmente scomparso. Nel frattempo, è stato nominato un nuovo commissario, Giovanni Bissoni, uomo del Pd, che si è presentato con tanta voglia di fare e di trovare una soluzione. Ma, dopo poche ore, ha dovuto alzare bandiera bianca: “La procedura di licenziamento è iniziata e non può essere interrotta, né prorogata”.

In buona sostanza, se non ci sarà un intervento dall’alto (Regione? Ministero della Salute?), dal 16 agosto quaranta professionalità (tra medici, infermieri, amministrativi e altro) saranno bruciate e dovranno mettersi in disoccupazione e la Fondazione Ime resterà solo un bel ricordo. La domanda, perciò, sorge spontanea: perché nessuno ha mosso un dito? Perché non sono intervenuti, ad esempio, i presidenti di Camera e Senato, che, pure, erano stati interpellati dai lavoratori? Non è loro competenza? E quale è la loro competenza? Rilasciare interviste sui presunti complotti ai danni di un Decreto dignità indegno? O andare ad ascoltare il concerto del figlio a Washington?

Ecco, se questa vicenda finirà nel modo più triste, che ancora ci auguriamo venga scongiurato, tutti ma proprio tutti questi signori – da Alessio D’Amato al presidente Nicola Zingaretti, dalla presidente Casellati al presidente Fico, passando per i ministri Grillo, Tria e Moavero Milanesi – dovrebbero vergognarsi. Ma non lo faranno, semplicemente perché non conoscono l’esistenza della parola “vergogna”.

                                                   

 

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