Inchiostro e sangue

 

Inchiostro e sangue

Ripongo in uno scaffale l’ultimo libro letto. Tempo di sintesi, il titolo, come doveva intitolarsi l’ultimo scritto di Berto Ricci, manoscritto andato perduto con la morte in Cirenaica sotto il mitragliamento di due Spitfire inglesi. Una biografia ragionata con ricchezza di citazioni rimandi confronti, curata da un giovane ricercatore, Mario De Fazio, e pubblicato da Idrovolanti Edizioni. (Grazie, Daniele, per il dono!). Berto Ricci di cui avevo letto gli scritti e il saggio di Paolo Buchignani “Un Fascismo impossibile”. L’eresia di Berto Ricci nella cultura del Ventennio.                                                                   

Diversi anni fa ebbi occasione di conoscere Piero Vivarelli. Regista e compositore e giornalista si faceva vanto d’essere l’unico straniero iscritto al Partito Comunista Cubano. Quando gli telefonavo la segreteria intonava L’Internazionale. Mi raccontò come si fosse arruolato dopo l’8 settembre del ’43 nel Btg. Nuotatori-Paracadutisti della XMAS. Aggiungeva che a Cuba a contatto con la rivoluzione castrista, con il suo leader maximo, aveva capito come si potesse essere internazionalisti e, al contempo, amare la Patria. Una illusione, un inganno, forse…                                                                                                               

Vengono a mente le parole di Felipe, il narratore, musico e teologo, nel romanzo del 1943 di Drieu La Rochelle dal titolo “L’homme à cheval”: <<La patria è amara per chi ha sognato un impero. Che cos’è per noi una patria se non un promessa d’impero?>>E quella patria non è necessario andare a cercarla nell’isla de La Palma in esotiche e lontane atmosfere caraibiche. Essa fu concepita, su fronti contrapposti e prossimi, da Antonio Gramsci e Berto Ricci. L’età di Cesare il Medio Evo e, più di recente, il Risorgimento nella visione del Mazzini ne sono riprova. E, dunque, cuore e mente di una rivoluzione mondiale. Non è casuale che la rivista voluta da Berto Ricci prenda nome “L’Universale”, quel destino di cui il Fascismo – non Mosca – deve essere voce e avanguardia.

Daniele (un altro) è tornato da Cuba dove ormai trascorre brevi e intense vacanze tra mare pesca subacquea e, di notte, in compagnia delle “quereteras” (le giovani cubane che si aggirano nei pressi dei locali per forestieri con l’accortezza di un preservativo imposto dal Regime per evitare letali epidemie). “Il male americano” (USA) si va espandendo con le sue lattine di Coca-Cola. E’ il sogno della democrazia che sembra irretire tanta parte del mondo. Daniele mi porta in dono una cartolina che riproduce l’immagine del Che Guevara, quella tratta dalla foto di Korda e che Feltrinelli acquistò per pochi denari e la trasformò in prodotto del consumismo, nell’estetica borghese dove “gli eroi son tutti giovani e belli”. Ed io possiedo, serie di fotografie originali, quel volto ancora giovane gli occhi spalancati la sutura alla gola il corpo steso sul tavolo in pietra del lavatoio. Moderna riproduzione del Cristo morto del Mantegna.

Guardo quella cartolina. E mi viene da immaginare il volto di Berto Ricci di Antonio Gramsci fra quei murales in quei cartelloni di propaganda. E mi viene da sorridere, amaro, come quelle riproduzioni stonerebbero sul lungomare di Rimini o direzione Ostia in sostituzione di detersivi culi tette saponette. Cuba, anch’essa, muore…

Nel 1931, inizio dell’avventura breve e intensa de L’Universale (agosto del ’35 la sua forzata chiusura), Berto Ricci pubblica “Errori del nazionalismo italico”. Bestia nera, assieme al potere plutocratico e al bolscevismo, perché, “ideale da questurini”, rappresenta lo spirito borghese, l’impotenza verso il Primato, l’Imperium, l’eredità universale di Roma di cui il Fascismo è legittimo restauratore. Come per Gramsci, ma non con Gramsci si badi bene ché c’è in lui il rifiuto del classismo marxista, avverte nella storia italiana una presenza di universalità che non può chiudersi nei confini di nazione. E si spinge oltre al tema caro al Fascismo, essere una malattia dello spirito, un modello di vita, per porre la questione, quale mentalità ma anche classe sociale fondata sul privilegio. Così partecipa entusiasta al volume, edito nel 1939 e a cura di Edgardo Sulis, “Processo alla Borghesia” (con la tacita approvazione del Duce). Luogo privilegiato la scuola riformata ove il merito domini sul censo. L’intellettuale come educatore, prossimo e non affine, all’intellettuale organico di Gramsci.

A lato, fondo del murales, noto la scritta in spagnolo “La parola insegna, l’esempio guida”. Bir Gandula, Cirenaica, 2 febbraio 1941, partito volontario in quella guerra che fu, giustamente, definita “del sangue contro l’oro”, Berto Ricci cade faccia al sole. A trentacinque anni.  Un esempio. Penso, ostinato, che in nome dello stile il sangue, nonostante tutto, si renda migliore testimone dell’inchiostro…

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