Uno dei pregiudizi più diffusi consiste nel credere che la lingua rispecchi la cultura e la visione del mondo della società che la usa, quando l’antropologia culturale e le neuroscienze hanno ampiamente dimostrato che in realtà è il pensiero che si conforma alla lingua e che il nostro cervello riesce a pensare quei concetti che riesce ad esprimere.
Il pensiero, infatti, è una sorta di linguaggio interiore e se non si dispone delle parole per esprimere idee, queste semplicemente non sono pensabili. Se le cose stanno in questo modo, la progressiva sostituzione di un inglese primitivo e ancora più semplificato, se non addirittura inventato, alla lingua italiana risulta perfettamente funzionale ai processi in atto di destrutturazione delle culture e delle identità. Non a caso l’inglese è la lingua della finanza e della tecnologia, adatta a cancellare le differenze tra individui e generi, in virtù del suo essere una lingua franca, ovvero una lingua che si è creata con l’uso e che difatti si impara con l’uso, più di qualunque altra lingua. Se l’inglese dispone di dieci nomi diversi per dire “lana”, può esprimere la differenza tra maschile e femminile solo ricorrendo a circonlocuzioni; niente di più adatto a cancellare le differenze di genere e appiattire tutto su di una sessualità neutra per la quale lavorano da tempo le centrali di distruzione della civiltà europea. Non solo, l’unico pronome personale che l’inglese scrive sempre con la maiuscola è “io”, in modo assolutamente aderente all’atomizzazione dell’individuo che si ritiene centro di un universo personale dove gli altri e l’altro entrano solo in maniera funzionale ai propri desideri, coltivati in modo bulimico.
Ovviamente la colpa non è dell’inglese, lingua che ha conosciuto usi letterari anche molto alti, ma di chi ritiene che sia inutile usare parole italiane se esiste l’equivalente inglese. È tutto accaduto come in genere avviene: si comincia a dire che in certi ambiti l’uso dell’inglese era maggiormente funzionale e poi si finisce con dire step in luogo di gradino, gift card in luogo di buono spesa, location in luogo di ambientazione e week end in luogo di fine settimana; oltre ad altre centinaia di possibili esempi, compresi usi errati come baby parking che in inglese non ha alcun significato o stage usato per dire periodo di studio, ignorando che si tratta di un termine francese e che in inglese significa palcoscenico.
La cancellazione dell’italiano a favore di una sorta di neolingua, l’italese, rende possibile eliminare dall’orizzonte del pensiero differenze, valori, e una intera civiltà con la sua letteratura. I presìdi che dovrebbero tutelare la nostra lingua costituiscono piuttosto cavalli di troia di questa operazione, a cominciare dall’istruzione a tutti i suoi livelli: come dimenticare la proposta di un dimenticabilissimo ministro dell’istruzione di un governo tecnocratico, espressione della Ue e degli altri poteri forti, che voleva che tutte le lezioni universitarie si tenessero in lingua inglese! Ancora una volta occorre essere rivoluzionari: utilizziamo la nostra lingua e quando essa non possiede termini adatti, che si creino, come si era sempre fatto, in modo da arricchirla e non depauperarla.