TAVola calda

 

TAVola calda

TAV, acronimo di Treno ad Alta Velocità, zuppa bollente sul desco del Governo giallo-verde. E’ la linea ferroviaria Torino-Lione, ingegneria strategica anche per Milano e Genova. Arteria complessa, soprattutto sulla parte italiana, come mostra la cartina, partorita in sinergia con la Francia per il lungo traforo a doppia canna del Moncenisio. Opera ciclopica per costi, impatto ambientale, riflessi negativi (dicunt) sull’economia della Val di Susa. Il doppio tunnel è di 57 Km ad arteria per una spesa preventivata di 8,6 miliardi di Euro, già lievitata a 9,6 per adeguamento temporale, finanziata al 40% dall’UE unicamente per i lavori in galleria.

 Cui prodest l’opera? Oggi 2018 a nessuno ma vent’anni fa era un prodotto del fosforo europeo spremuto sulle infrastrutture, occorrevano collegamenti rapidi per unificare il vecchio Continente (hoc docent Romani), aumentare il traffico merci su rotaia penalizzando il gommato con ritorno positivo su traffico e ambiente, essere competitivi col low cost degli aerei. Qui da noi la TAV doveva sostituire la vecchia tratta, ad ansa larga, col traforo del Frejus, non allineata agli standard di portata degli scambi, nonostante l’adeguamento.

 Insomma per l’alta velocità meglio tirare una bella riga dritta tra Chiomonte e St. Jean de Maurienne, per dare continuità ai collegamenti veloci passeggeri/merci, è un segmento strategico interno ad una linea dell’utopia chiamata “corridoio 5”, da Kiev (Ucraina) fino a Lisbona passando, con ago e filo, per la testa dell’Italia. Son già trascorsi vent’anni dal progetto ed oltre dieci anni dalla cantierizzazione dei sondaggi geognostici con sollevazione della voce rumorosa dei residenti in val di Susa e la formazione d’ un comitato NOTAV armato di controdeduzioni tecniche sull’utilità dell’opera. Seguirono manifestazioni, scontri, infiltrazioni anarco-antagoniste, black block, denunce, arresti, il movimento entrò nei programmi elettorali di ecologisti e penta stellati, stop alla TAV!!!

 In questo luglio di barconi dirottati, farneticazioni sul razzismo di un uovo, rispunta sul tavolo del Governo questa maledetta tratta giudicata ormai obsoleta dal Grillo parlante, insomma si va avanti con la fresa Federica o ci si ferma, che fare? Il parere transpartitico da Salvini al PD, passando per Arcore, è deciso a proseguire l’opera, la trimurti sindacale manifesta per il pro, risponde il movimento NOTAV tornando sul rettangolo di gioco per invocarne il fermo, chiamando i 5 stelle alla coerenza, riprende la commedia dell’arte all’italiana. La Francia di Macron tuona contro le timidezze ambigue del Governo giallo verde, l’ing. Serrand enfatizza i dati di previsione sul trasporto merci su ferro con ricadute positive sull’ambiente, ma è nuovamente braccio di ferro.

 Ma a che punto siamo coi lavori e soprattutto con gli impegni finanziari, è un paletto furbo di non ritorno, come afferma il gallico ingegnere, oppure c’è ancora tempo per dire: TAV no grazie? Il progetto è vecchio appunto di oltre vent’anni, lo stesso governo Gentilini s’era dovuto confrontare con il parere dell’osservatorio tecnico di questa tratta transfrontaliera, nel quale si affermava: “non c’è dubbio che molte previsioni fatte quasi dieci anni fa […], anche appoggiandosi a previsioni ufficiali dell’Unione europea, siano state smentite dai fatti” in primis la grave crisi economica ma non solo. Allora il Gattopardo partorisce una TAV low cost, cioè ridimensionata in opere ed impegni finanziari, un modo per calmare le acque, grattare sui bilanci, diluire la spesa, nella realtà però sembra che tutto cambi affinché niente cambi. Il CIPE nel marzo del presente anno approva il progetto da cantierare per la parte italiana, ma si accorge che ricalcolando le percentuali di spesa di Francia e Italia (erano al 42,1% Fra. e 57,9% Ita al netto del 40% del contributo UE) che l’Italia s’è fatta carico in realtà dell’80% del tunnel che si trova in territorio gallico con un beneficio di tre miliardi alla Francia. Dei 9,6 miliardi previsti e attualizzati noi sborseremmo 5,5 miliardi più 1,7 per il potenziamento della vecchia tratta del Frejus.

 Attualmente la fresa avanza alla velocità di 15 metri/g nel 1° lotto, sono stati scavati circa 4,5 Km dei 9 previsti su un totale di 57 Km, per di più siamo ancora nella fase esplorativa dal punto di vista dell’indagine geognostica.

 Diamo un’opinione sui fatti, chiamando al banco dei testimoni l’Eurotunnel della Manica inaugurato nel 1994, lungo circa 50 Km di cui 39 sul fondo marino, l’opera gigantesca, costata a suo tempo oltre 10 miliardi di sterline (circa 11 miliardi e mezzo di euro) è in fallimento, infatti solo il 38% del traffico merci e passeggeri imbocca il tunnel anche per gli elevati costi di pedaggio.  La Società Eurotunnel ha visto le proprie azioni crollare in borsa nel tempo, con conseguenti perdite di bilancio da rinegoziare coi creditori (le solite banche). Sarà anche una delle “meraviglie del mondo” come afferma interessata la American Society of Civil Engineers ma è un flop economico.

Il mitico corridoio 5 da est a ovest tra Kiev e Lisbona è solo un tracciato sulla carta, gli unici lavori effettivi sono appunto tra il Piemonte e la Savoia con la TAV, ma il traffico di scambio su questo fronte è in costante diminuzione da anni sia per merci che per passeggeri, se le fatidiche tre “e”, efficacia, efficienza, economicità sono ancora vere la TAV è certamente fuori da questi parametri.

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