Contro gli intellettuali

 

Contro gli intellettuali

Sosteneva Georges Sorel, noto filosofo socialista, che gli intellettuali come gruppo sociale, fossero i peggiori nemici del proletariato. Colpevoli a suo dire (opinione che condivido in pieno) di ammorbare il popolo con le loro “lagne” da borghesi di basso rango, con i loro cliché intellettualoidi sull’ateismo d’accatto, sulla liberalizzazione dei costumi (già allora) ecc., e di essere lontani anni luce dalle reali necessità della classe operaia.

Traslando l’analisi ai giorni d’oggi, e trattandola con le categorie del presente, il gruppo sociale degli intellettuali rimane a mio avviso il nemico peggiore del popolo tutto, schiacciato e vessato dal capitalismo incontrollato e sempre più onnivoro da una parte, redarguito e deriso culturalmente e intellettualmente da una classe di privilegiati, apolidi, sradicati e senza radici, che negli anni si sono costruiti una torre d’avorio di pregiudizi, dalla quale difendono le loro tasche ed elargiscono sentenze sulla presunta ignoranza delle masse.

Fuor di retorica, gli intellettuali come gruppo sociale nascono indicativamente a fine ‘800, corrispettivamente al parlamentarismo e alla dicotomia “destra-sinistra”, identificandosi propriamente come gruppo sociale interno alla dimensione della “sinistra”, responsabili di interpretare le necessità della classe operaia e di essere i sacerdoti del progresso. Certamente essi non possono essere considerati soltanto un gruppo di “mediazione simbolica”, nel contesto storico in cui nascono, e nel secolo in cui si sviluppano fino ad oggi, essi sono stati e sono tuttora il “gruppo dominato della classe dominante” come sosteneva Pierre Bourdieu. In quanto essi dispongono di un “capitale culturale” che abbisogna di un mercato utile su cui essere collocato, quindi essi possono veicolare il loro messaggio, soltanto se esso è utile alla classe dominante, quindi alle élite.

La citazione di Bourdieu ci aiuta indubbiamente a capire come la funzione della classe degli intellettuali da un punto di vista ideologico/politico, sia stata sempre la stessa, ovvero quella dei cani da guardia di qualsiasi potere costituito. Ancora una volta analizzando la questione ai giorni d’oggi, ci appare chiaro come l’arma più potente del liberismo, forse anche più potente dell’alta finanza e dei missili imperialisti, sia la manipolazione ideologico/culturale veicolata dai tanti Saviano, Tommasi, Lucarelli, Lerner ecc. Essi non perdono un giorno per assillare il popolo con le loro omelie dirittoumaniste, umanitarie, immigrazioniste, omosessualiste, e chi più ne ha più ne metta. La responsabilità di ogni destabilizzazione politica interna ad una nazione, che solitamente ne precede l’attacco militare da parte di Lady U$A, è sempre e soltanto degli intellettuali, gli sgherri della finanza globale.

Oggi tuttavia c’è qualcosa di più. Si assiste infatti ad una vera e propria decadenza degli intellettuali, che si manifesta sostanzialmente nello svilimento totale del contenuto culturale del loro messaggio, nella loro sempre maggiore distanza dalla realtà, e nel loro vivere parossisticamente “anti”. In sintesi, per dirla con le parole di Costanzo Preve “oggi ci troviamo in una situazione nuova: gli intellettuali sono nella stragrande maggioranza più stupidi delle persone comuni”. Ma come siamo arrivati a questo punto? Come siamo passati da Benedetto Croce a Roberto Saviano?

Antonio Gramsci, filosoficamente allievo di Sorel capì che gli intellettuali avrebbero dovuto essere organici al proletariato, così da poter limare le loro fisime proto-borghesi, in questo senso il PCI rese gli intellettuali organici al partito, dopo il ’45 quindi si formò quella generazione di “professoroni” marxisti, che fece il famoso “doppio salto mortale” nel ’68 e poi nel ’91, trovandosi dall’essere marxisti e a modo loro difensori delle istanze del popolo, ad essere liberali e compiutamente difensori delle istanze delle élite.

La decadenza degli intellettuali oggi, è probabilmente legata alla decadenza del mondo che li ha creati, il mondo del turbo-capitalismo sempre più contraddittorio, un mondo ogni giorno sempre più stanco, che fatica a trovare nuovi esempi e nuovi presupposti su cui costruire il domani. In tutta risposta i sedicenti intellettuali, perseverano nella loro patologia, e continuano a sentenziare con durezza e fare da aristocratici decaduti, rimanendo in una dimensione altra da quella delle masse, sempre più spesso minacciando di trasferirsi in oasi lontane, dove la legge sia quella del mercato e l’unico Dio sia il denaro. Di questo ce ne faremo una ragione, del resto come diceva Vladimir Majakovskij: “in una nave che affonda gli intellettuali sono i primi a fuggire, subito dopo i topi e molto prima delle puttane”.

 

 

 

 

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