feriae Augusti

 

feriae Augusti

Tre agosto, Montecitorio & Palazzo Madama chiudono i lavori, il Governo butta giù uno straccio di  Def per l’anno che verrà, l’IVA al 25% può diventare, a ottobre, l’Halloween dell’Italietta ancella della UE.

Muoiono i braccianti di colore nel foggiano per una paga da fame, la schiavitù di fatto è tornata da anni, il rosso dei pachini ha il colore del sangue. Giornali sfogliati sotto gli ombrelloni, correndo alla pagina sportiva, si assaltano B&B, agriturismi biologici, monasteri a corto di vocazioni, è agosto, la locomotiva si ferma.

Celentano ne cantava la solitudine in Azzurro: “  Sembra quand’ero all’oratorio, con tanto sole, tanti anni fa./ Quelle domeniche da solo in un cortile, a passeggiar,/ora mi annoio più di allora, neanche un prete per chiacchiera “, già perché anche i preti sono partiti per il mare o la montagna. Città desertificate, servizi ai minimi, persino il fisco Dracula riposa un mese nella cassa, un papavero rosso spunta dal marciapiede ma le api sono in ferie, fabbriche, cantieri, scuole chiudono i battenti, i lavori di campagna sono fermi, si festeggia  il dio pagano Conso protettore dei campi e della fertilità.

Era il 18 a.C. quando il divo imperatore Ottaviano Augusto decise che questo mese di calura fosse tutto dedicato al riposo, le feriae Augusti appunto, celebrate il 1 del mese, poi il cristianesimo ne fissò il giorno topico al 15 dedicato all’Assunzione della Vergine in cielo, anche se non era un dogma ma un racconto degli apocrifi. Poi c’era quella festa solenne di un’altra Vergine, assai scorbutica, Diana, ne sa qualcosa il povero Atteone, celebrazione fissata al 13 di agosto, si pensò bene di sostituirla aggiustando le date per evitare contaminazioni.

Un tempo la cassetta postale era colorata di belle cartoline spedite da parenti e amici con tanto di saluti, adesso si ricordano di noi soltanto le bollette, affezionate al nostro nome e cognome.

Chi ciacola per le calli di Venezia, vada ai Frari, passato il ponte omonimo, si troverà davanti la più grande delle chiese veneziane, pensate un po’ è dell’ordine fran-ces-ca-no dei frati minori. Il gotico del corpo è democristiano, cioè un compromesso storico tra lo stile d’oltralpe e la tradizione veneziana, però la basilica è imponente, a croce latina, tre lunghe navate, tanti altari in vana attesa, i celebranti sono diventati pochi. Sull’altar maggiore spicca l’ascensione in cielo dell’Assunta firmata in basso Ticianus, Tiziano Vecellio da Pieve di Cadore, era i 1518 quando consegnò ai frati la commessa, or sono trascorsi cinquecento anni. L’era tutta un’altra cosa dall’iconografia consueta tanto che i fraticelli storsero la bocca, avevano negli occhi la Madonna in Gloria di G. Bellini.

Tiziano tolse paesaggio e architettura, fissò la prospettiva dal basso verso l’alto, dai piedi a terra degli apostoli, fin su, su, nei cieli dove Maria sta arrivando per abbracciare il suo primo Fattore. Figure in  moto, ombre, luci frullati in un turbine che avvolge tutto a spirale fino al Padre, triangolo dei rossi, piramide ascensionale, cupola della centina chiusa dagli angeli  sul quadro. Chi guarda è succhiato dentro quel bagliore, ne avverte il calore, vorrebbe staccare i piedi nudi dalla terra per volare, magari per chiedere una grazia.

In queste feriae Augusti i vecchi ingombranti riempiono ospedali, case di riposo, i cani le strade, le repliche la televisione, le badanti tornano in Romania, i barboni scoprono i piedi sporchi sdraiati all’ombra delle stazioni, povertà e sofferenza non vanno in vacanza, non si trova a Roma un  chirurgo col bisturi d’oro per operare un amico, allora, da credente e me ne vanto, guardo all’Assunta.

 

 

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