La tragedia di Genova – che solo nei prossimi giorni potrà essere quantificata definitivamente – ha riproposto con forza il livello infimo di buona parte della nostra classe politica, di governo e non.
Non abbiamo mai nascosto di avere simpatia per il cosiddetto “governo del cambiamento”, che per essere davvero tale, però, dovrebbe segnare, quantomeno, una certa discontinuità con gli esecutivi del passato. E, invece, di fronte a un dramma come quello della vigilia di Ferragosto, il ministro Toninelli se ne esce con uno scontato e inutile “i responsabili devono pagare”. Poi, dopo qualche dichiarazione critica nei suoi confronti, corregge il tiro: “Se ci sono responsabili, saranno accertati”. Beh, signor ministro, è molto difficile che il ponte sia caduto da solo. E, comunque, quello di accertare e di far pagare i responsabili non è un compito suo, ma della magistratura.
Non ha fatto miglior figura l’opposizione – che peraltro è stata maggioranza nel Paese, in Liguria e a Genova per decenni e, dunque, sul tema delle infrastrutture qualcosa ci può raccontare – che in un momento simile, anziché tuffarsi nella polemica, avrebbe fatto meglio a stringersi ai cittadini genovesi e a dichiararsi pronta a collaborare col governo, la Regione e il Comune di Genova, per una rapida ricostruzione del ponte crollato.
Niente di tutto questo. I nostri politici – tranne rare eccezioni – hanno mostrato, ancora una volta, tutti i loro limiti. Gli stessi che, purtroppo, hanno portato allo sfacelo del nostro Paese, che cade a pezzi, mietendo vittime tra i cittadini innocenti. Sì, perché quello di Genova è tutto fuorché un caso, ma la conseguenza di tanti misfatti di una classe politica che, fortunatamente, gli elettori hanno relegato in un angolo: i regali fatti a Benetton con la concessione delle Autostrade, senza avere in cambio un’adeguata manutenzione; i miliardi girati all’Unione Europea, senza alcuna contropartita; il totale disinteresse per gli allarmi lanciati non solo per il ponte di Genova, ma per tutto il sistema infrastrutturale italiano, che in moltissimi casi è vecchio e andrebbe non ristrutturato, ma demolito e ricostruito con le nuove tecnologie.
Ecco, i leader del “governo del cambiamento”, Salvini e Di Maio in testa, dovrebbero imporre una svolta vera e portare il Paese nel cambiamento, anche e soprattutto per quel che riguarda le infrastrutture. Magari, con un po’ di coraggio, negando i miliardi all’Unione Europea, per destinarli alla manutenzione e alla ricostruzione di ponti e viadotti. Insomma, meno chiacchiere, più fatti. Fatti, non annunci. La gente aspetta questo. Genova e il Paese tutto lo meritano.