In Italia si potrebbe vivere bene: c’è il sole, abbiamo spiagge stupende, montagne eccezionali, clima invidiabile, bellezze naturali da sogno, si mangia e si beve in modo divino, abbiamo ricchezze artistiche e naturali indicibili. Ogni angolo della nostra terra ha storia, cultura, tradizione. Siamo ricchi, di quella ricchezza spirituale che tutti vorrebbero avere e che nessuno ci deve levare. Perdere tutto questo per uno “spread” inventato da fantomatiche società di “rating” di cui, fino al 2010, nessuno conosceva l’esistenza è veramente demenziale.
Torniamo a vivere come abbiamo sempre saputo, a dimensione umana sfruttando il nostro genio creativo ed esportando le idee in tutto il mondo. Dobbiamo però capire che la ricreazione è finita; è indispensabile tornare a lavorare, a denunciare i parassiti e, se necessario, a fare sacrifici, non per pagare stipendi e pensioni d’oro a chi ci ha condotto in questo baratro ma per dare un futuro migliore di questo ai nostri giovani.
Questa è la vera solidarietà, non i due euro da dare con una telefonata per pagare cellulari, auto blindate e segretarie a presidenti di società cosiddette benefiche, ma ricostruire un mondo di valori. Noi siamo latini, e ne siamo orgogliosi, non siamo anglosassoni, noi stiamo bene quando intorno a noi c’è gente che sta bene. Non serve rubare, non serve corrompere, non occorre trovare scorciatoie.
Allora lavoriamo per dare servizi autentici ai nostri concittadini, torniamo a produrre, creiamo uno stato degno di questo nome che vigili e diriga la convivenza tra le varie categorie, costruiamo strumenti di partecipazione reale sui posti di lavoro, nel tempo libero, nella conduzione dello stato. Correggiamo chi sbaglia ma allontaniamo le mele marce. L’Italia ce la può fare, basta che il popolo tutto lo voglia.
Dobbiamo liberarci dalla finta convinzione, che ci hanno inculcato gli imbonitori della politica, dei giornali e della televisione, della ineluttabilità ed inevitabilità di quello che sta accadendo. Si deve ricostruire il tessuto sociale, è un dovere verso i più giovani tornare all’impegno politico, non come ufficio di collocamento, né come modo di “appecoronarsi” ai detentori delle risorse, ma come servizio per restituire al nostro popolo ed alla nostra Nazione la posizione che compete.
Ma i giovani anche, pur se diseducati dagli esempi ricevuti e delusi dalla realtà che li circonda, devono buttare il cuore oltre l’ostacolo e mettere nell’ azione politica l’ardore dei loro venti anni. L’abbraccio fra tutte le generazioni, deve anticipare l’abbraccio fra tutti gli Italiani per costruire un fronte di difesa che, quanto prima, deve diventare un fronte d’attacco.
Insomma il Frontismo vuole esser la molla che da’ la forza all’insieme degli Italiani di realizzare il riscatto nazionale, popolare e sociale, come tassello di un più vasto movimento mondiale di lotta al mondialismo ed al capitalismo finanziario.
Occorre realizzare una nuova grande “sintesi” sia culturale che politica che possa ridare fiato e speranza di crescita alla nostra comunità.
Andiamo nelle case della gente, insegniamo loro come fare non a lamentarsi ma a riprendersi il futuro; diamo ai giovani fiducia, torniamo a far capire loro che la vita è sfida, avventura, che il futuro non lo devono attendere dai genitori o da parenti o da amici potenti ma se lo devono costruire e conquistare da soli; rigeneriamo la forza creativa di questo popolo che ha saputo fare cose stupende quando ha avuto riferimenti precisi ed esempi positivi; ritorniamo orgogliosi della nostra italianità.
Tutto questo vuol dire lottare. Ma se non lottiamo quando ci stanno scippando la terra, la storia, il futuro, allora è giusto che questo popolo scompaia.
Io ci sono e ci sarò sempre, ma con me ci saranno tanti e tanti altri italiani pronti a fare la propria parte, si devono solo convincere che si può fare, che si deve fare, che si può vincere.