Morire al lavoro, nel silenzio e nell’indifferenza generali. Italo, un amico costretto a scegliere il servizio di vigilanza per campare, se n’è andato nella notte tra sabato e domenica, mentre copriva il suo turno di notte, presso un’azienda convenzionata con la società di cui era dipendente. Un infarto, un ictus, chissà (lo stabilirà l’autopsia): l’unica cosa certa è che questo ragazzone buono non c’è più e i suoi due figli non hanno più un papà.
Abbiamo cercato la notizia sui giornali online e sui giornali cartacei di lunedì, ma niente, di questa morte silenziosa non c’era traccia: evidentemente a nessuno interessa fare luce non sullo specifico caso, ma, più in generale, sulle condizioni di vita e lavorative di queste persone che “difendono” le banche, i furgoni blindati, i negozi, le aziende e anche le abitazioni private. Si tratta di uomini e donne giovani e meno giovani, sottoposti, in molti casi, a turni stressanti, per stipendi certo non da nababbi. Si dirà che il contratto è quello e che il salario rispetta il contratto. Vero, com’è vero, però, che forse sarebbe il caso di garantire controlli più attenti sulla salute di chi, ogni giorno, si prende cura della nostra sicurezza. Soprattutto se si tratta di dipendenti di una società privata, che da questi servizi ottiene lauti guadagni.
Nel caso specifico, ad esempio, erano state effettuate visite mediche per le guardie appena pochi mesi fa. E allora la domanda è semplice: se si è trattato di controlli adeguati, è possibile che i medici non si siano accorti che Italo era una persona a rischio infarto o ictus? Possibile, certo, perché abbiamo visto che addirittura muoiono così anche i supercontrollati calciatori. Ma ci farebbe piacere che ad accendere i riflettori su una realtà importante come quella dei servizi privati di vigilanza – in crescita esponenziale, dopo il depauperamento delle nostre forze dell’ordine – non fossimo solo noi. E che casi come quello dell’amico Italo non passassero sotto silenzio.
Vorremmo, in definitiva, che, di fronte a una morte come questa, i mezzi di informazione ponessero domande chiare, per ottenere risposte chiare. In assenza delle quali, chi ha il compito di farlo dovrebbe aprire un’inchiesta seria sulle condizioni di lavoro delle guardie giurate o “vigilantes”, che dir si voglia. I turni assegnati sono tali da garantire, al tempo stesso, un buon servizio e l’integrità fisica dei dipendenti? I servizi sono disposti tenendo presenti le specificità (che comprendono anche le problematiche fisiche e mediche) dei dipendenti o questo non avviene? I controlli medici sul personale, che effettua un lavoro pesante e stressante, sono continui e adeguati?
Ecco, solo se ci saranno risposte nette a queste domande, una morte come quella di Italo potrà essere accettata serenamente, come una fatalità. In caso contrario, la famiglia e i colleghi avranno tutto il diritto di sollevare dubbi e porre domande su una tragedia che ci ha privato per sempre del sorriso di questo papà buono.