Analisi di classe della Cina in Africa

 

Analisi di classe della Cina in Africa

Gli ultimi reportage seguenti alle iniziative cinesi in Africa hanno gettato il mondo occidentale in uno stato di ansia da prestazione. Improvvisamente la società occidentale (che riceve solo le briciole dei grandi processi che la infilzano) ha scoperto che il non-ordine africano, lungi dall’essere una tara ereditaria o genetica, aveva un potenziale nuovo risolutore.

 L’imperialismo mediatizzato occidentale, capace esclusivamente di creare paure condivise e non grandi narrazioni, risponde alla entrata di un nuovo giocatore in un contesto finito (il continente africano) con paura e, sovente, con la proiezione delle proprie colpe sugli elementi nuovi. In questo senso le critiche occidentali al protagonismo cinese sono solo per metà vere, e per metà proiezioni.

 È vero, ovviamente, che la Cina abbia adesso (ma non da oggi) un ruolo cardine nel nuovo ordine africano. Questo fatto lapalissiano è un altro livello della presa di coscienza occidentale che la Cina è, adesso, la prima vera forza espansionistica (ma non imperialistica) fuori dall’Occidente dal 1945 in poi.

 Quel che la falsa coscienza occidentale non dice è che la Cina, al contrario dell’Occidente, una forza che fornisce ordine al sistema-Africa, mentre, fin dal 1871, l’Occidente ha fornito disordine al sistema Africa. Nel nuovo ciclo del capitalismo africano questo vuol dire, da parte cinese, assecondare la crescita di una borghesia autoctona africana a cui la Cina fornisce il capitale iniziale ed infrastrutturale, mentre da parte occidentale la continua distruzione delle fragili basi su cui cerca di alzarsi la borghesia africana tramite l’alleanza con poche multinazionali e cricche cleptocratiche che non redistribuiscono efficacemente la ricchezza che gli viene concessa.

 Più nel dettaglio le aperture di credito cinesi, sia in termini infrastrutturali che finanziari, ricalcano un modello di investimento solido, nell’economia win-win promossa a suo tempo dal presidente Xi Jinping. Favorevole da parte cinese, che ottiene in Africa commesse, mercati e risorse, e da parte africana, che ottiene il trasferimento di conoscenze e le premesse su cui fondare un ciclo di espansione borghese dopo quello di accumulazione primaria da parte statale.

L’Africa si trova attualmente nel mezzo di una trasformazione secolare. La società tradizionale è in piena dismissione, afflitta da fenomeni naturali nel sistema di avanzamento capitalista. I villaggi si svuotano, le città si affollano, milioni di individui tramite le migrazioni, interne ed esterne, entrano in un mercato del lavoro che può quindi approfittare di una certa congiuntura espansiva. Gli stati, che proprio come nel Medio Oriente dei primi anni del XX secolo si sono fatti carico dell’onere degli investimenti per la costruzione di una agricoltura e di una industria nazionale, si trovano in mezzo ad un pantano post-westfaliano in cui il loro potere viene eroso. Da questa situazione trae vantaggio una borghesia africana che abbandona il panafricanismo ed abbraccia ben più prosaiche etiche produttive, scimmiottando quelle occidentali ed alzandosi dalla polvere.

 La Cina asseconda questo grande ciclo, dando alla borghesia africana i treni su cui muoversi, l’energia da utilizzare e costruendo il futuro borghese e produttivo dell’Africa, lasciandogli idealmente la fiaccola del “secondario del mondo”. Ovviamente questa transazione, non è indolore: seppur meno invasiva il corrisposto africano sarà in indipendenza politica e finanziaria, a cui la Cina porrà seri limiti, conseguentemente al mantenimento di una grande “buffer zone” strategica.

 Noi occidentali, invece, abbiamo, con ogni mezzo, impedito la nascita della borghesia autoctona africana, in un capolavoro di autolesionismo: invece di creare un mercato complesso in Africa (mossa del tutto sensata in ottica capitalistica) abbiamo invece lasciato i paesi africani nella loro condizione di periferia, giocando sul differenziale che la situazione offriva e lasciando intatti i dividendi delle aziende multinazionali in Africa.

Il ritardo cinese in Africa verrà rapidamente colmato su questa base. La borghesia africana crescerà con un occhio di riguardo al modello cinese, in particolare al suo dinamismo economico ed al suo disinteressamento ideologico. Sarà un mito affascinante, che il nostro imperialismo straccione non può, attualmente, impattare.

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