L’occulta regia di Israele e della “potente lobby” nell’ossessione anti Iran di Donald Trump

 

L’occulta regia di Israele e della “potente lobby” nell’ossessione anti Iran di Donald Trump

Per comprendere quali siano le ragioni della distruttiva politica dell’Amministrazione di Donald Trump in Medio Oriente, bisogna risalire alle centrali che hanno finanziato la sua campagna elettorale.

La lobby sionista americana, con le sue donazioni milionarie e l’appoggio dei suoi media, ha contribuito in modo significativo a far arrivare Donald Trump alla Casa Bianca contando su di lui per realizzare la sua agenda in Medio Oriente, che prevedeva il riconoscimento di Gerusalemme come “capitale indivisibile” di Israele e la guerra contro l’Iran, il nemico mortale di Israele.

Il pilastro di questo supporto è il magnate sionista Sheldon Adelson, boss dei casinò di Las Vegas, che aveva donato 50 milioni per la campagna di Trump e oggi si appresta a finanziare la campagna del Partito Repubblicano.

Non è un caso che nello staff di Trump siano entrati personaggi come John Bolton e Mike Pompeo, considerati “falchi” sionisti.

L’Istituto di influenza più importante per i rapporti sul Medio Oriente, è l’American Israel Public Affairs Committee (AIPAC). Un organismo che finanzia la rielezione di una buona parte dei candidati al Congresso USA, purché siano a favore di Israele.

Nello staff di Trump è molto influente il genero ultrasionista del Presidente, Jared Kushner, che è in ottimi rapporti con il principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman, considerato l’uomo di fiducia di Washington.

Naturalmente l’altro suggeritore occulto (ma non troppo) delle scelte di Trump è lo stesso primo ministro di Israele, Benjamin Netanyahu.

Il primo risultato cui sono arrivati i “suggeritori” è stato quello di far proclamare a Trump Gerusalemme come la capitale indivisa di Israele, con lo spostamento dell’ambasciata USA. Una decisione che ha contribuito ad incendiare la Palestina e che avrà i suoi effetti in tutto il Medio Oriente.

Non sorprende quindi che la stragrande maggioranza degli evangelici americani, una setta che conta parecchi milioni di adepti negli States, abbia votato per Donald Trump. Il mito cui si rifanno gli aderenti di questa setta è quello del “Grande Israele dal Nilo all’Eufrate”, della ricostruzione del Tempio e dell’avvento di un nuovo messia. Gli evangelisti, fanatici e ultra sionisti, hanno nel vice presidente Mike Pence, il loro uomo alla Casa Bianca.

L’altro obiettivo imprescindibile per la lobby filo israeliana è quello di distruggere l’Iran, considerato l’ostacolo principale per l’espansione di Israele nella regione. Per realizzare questo obiettivo è stata montata una campagna di criminalizzazione basata su una serie di grossolane menzogne come quella di indicare l’Iran quale principale “istigatore del terrorismo”, mentre tutti gli analisti sanno che questo è il ruolo dell’Arabia Saudita.

Nel contesto di questa campagna Trump ha deciso le sanzioni economiche per strangolare l’Iran e un’attività di sobillazione interna, ricorrendo a terroristi armati e finanziati dai servizi di USA e Arabia Saudita.

L’attacco terroristico attuato ultimamente all’interno dell’Iran a Ahvaz, con cica 30 vittime, ne è stato un esempio. Un attacco cui l’Iran ha risposto con il lancio di sei missili che hanno distrutto una postazione dei terroristi in Siria, a sole tre miglia dalla base USA costituita illegalmente. Questo a dimostrazione dei rapporti di stretta collaborazione fra truppe USA e terroristi in Siria.

Si comprende quindi che, con la sua decisione su Gerusalemme e con l’ossessiva campagna anti-iraniana, Donald Trump ha onorato il suo debito verso lo zoccolo duro del suo elettorato, a prescindere dalle conseguenze che questa decisione potrebbe avere. Il paradosso è che le scelte di Trump di soddisfare gli interessi di Israele, sono in contrasto con lo stesso slogan lanciato nella sua campagna elettorale, “America The First”, che dovrebbe essere ormai sostituito con “Israele the First”.

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