Le tentazioni dell’Arcangelo [2]

 

Le tentazioni dell’Arcangelo [2]

La palingenesi proposta dalla Legione era evidentemente figlia della cultura romena, che ha sempre guardato con attenzione agli aspetti del sacro, anche in virtù di un folklore che ha sempre posto l’accento su una mistica della morte: è fin troppo comune ricordare, al proposito, la ballata nazionale Mioritza in cui il protagonista, un pastore, paragona la propria imminente morte a uno sposalizio con la natura; o La leggenda di Mastro Manole che narra di un capomastro e nove aiutanti incaricati da un principe di costruire un grande monastero, ma ogni volta le fondamenta crollano di notte.

In sogno, Manole ode una voce che gli dice che il monastero non sarà mai edificato se una vittima umana, una figlia o una moglie sue o dei suoi compagni, non vi fosse stata murata viva; all’alba, Manole vede apparire la moglie, Anna, che è costretto a sacrificare. A significare che il sacro non si edifica stabilmente senza un sacrificio umano.

Tra gli intellettuali vicini alla Legione il più celebre è certamente Mircea Eliade. Per molto tempo l’intellettualità romena ed europea ha tentato di negare l’adesione di Eliade alla Legione, anche perché il grande studioso delle religioni nella sua autobiografia non ne fa menzione. In realtà, le testimonianze della moglie di Codreanu e di Evola che fu in un quarantennale rapporto con Eliade, non lasciano ombra di dubbio.

Addirittura fu per tramite di Eliade – “che ha fatto parte della Guardia di Ferro” – che Evola poté incontrare il Capitano; inoltre, Eliade scrisse per molte riviste vicine al movimento, tra cui «Vremea», in cui individuava nel marxismo il marchio massonico nemico del romenismo e in generale delle identità. Su «Buna Vestire» scriveva: «può la stirpe romena porre fine alla vita sfinita dalla miseria e dalla sifilide, invasa da ebrei e indebolita da stranieri? […]. La rivoluzione legionaria deve giungere alla meta suprema: la redenzione della stirpe».

Proprio la sintesi di romenismo e spiritualità spinse Eliade verso la Legione, nella prospettiva di riconciliare la Romania con Dio, come ebbe a dire. Non a caso, nell’anno accademico successivo alla morte in Spagna di Motza e Marin nella battaglia di Majadahonda il 13 gennaio 1937, Eliade tenne un corso di storia e filosofia delle religioni sulla leggenda di Mastro Manole in cui interpretava la leggenda nel senso che una costruzione – non solo materiale, ma anche spirituale – per durare deve essere animata, deve cioè ricevere una vita e un’anima. E il trasferimento dell’anima non è possibile se non per via di un sacrificio, di una morte violenta.

Subito dopo l’orazione funebre di Codreanu in memoria dei due caduti, Eliade commentò che mai prima d’ora l’anima romena riuscì a essere più tragica, più essenziale, cioè più cristiana: «Il significato della rivoluzione per la quale Corneliu Codreanu sta combattendo è così profondamente mistico che il suo successo sarebbe un’altra vittoria dello spirito cristiano in Europa, in una grande Europa in cui Cristo non è stato vittorioso molto spesso, sebbene milioni di uomini abbiano creduto in lui».

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