Lo spread, lo spritz, lo splash
Un’altra ragazza drogata, stuprata e uccisa da un’orda di africani clandestini. E’ accaduto nel centro di Roma, in mezzo al degrado più bestiale, nell’indifferenza più sconcertante. Una sedicenne già dipendente dalla droga, con la famiglia sfasciata, disposta a troppo per una dose, ridotta a preda degli istinti peggiori dei rifiuti umani che frequentava. Non è la prima, non sarà l’ultima, una società ridotta in polvere ha fatto splash, generazioni lasciate a se stesse, padri e madri svaniti, istituzioni assenti, le pulsioni elementari elevate a sistema di vita.
Una civilizzazione debosciata eterodiretta dalle forze del profitto è al capolinea tra gli eccessi. Con Pamela, Desirée e l’inevitabile prossima vittima si dissolve nel nulla una venerabile civiltà. I colpevoli di atti efferati che destano legittima paura sono spesso stranieri. Un fallimento dei sogni multiculturali unito alla disfatta di una politica migratoria dissennata, frutto di accordi riservati con i circoli globalisti. I governi antinazionali hanno accettato di trasformare l’Italia in un accampamento a spese dei cittadini. Un altro splash, l’evidenza di essere ostaggi di classi dirigenti di venduti. Ne è simbolo Jean Claude Juncker, il signore dello spritz, politico di lungo corso di un paradiso fiscale.
La risposta della casta al caso Desirée è grottesca: il presidente della Camera dei Deputati ha la soluzione. Ci vuole più amore, ha dichiarato senza arrossire. Probabilmente ha esagerato con lo spritz, o, da buon napoletano, con il limoncello. Da parte sua, Matteo Salvini ha promesso più ruspe. Per carità, le invochiamo anche noi: il primo gesto dopo un’alluvione è togliere il fango. Tuttavia le ruspe possono solo spostare i detriti, ma rimangono aspirine somministrate a un malato terminale. Se l’Italia, l’Occidente hanno fatto splash occorre ribaltare tutto. C’è da rovesciare le politiche, ristabilire valori di riferimento: una rivoluzione che ridia ai popoli le chiavi del proprio destino.
Altrove, nelle officine degli stessi che hanno prodotto il deserto morale, si gioca un’altra partita, decisiva per il futuro prossimo dell’Italia. A Bruxelles, a Francoforte nella Banca Centrale Europea, negli ambulacri degli speculatori usurai che si fanno chiamare mercati, hanno deciso che la legge di bilancio del governo italiano non va bene. Armano contro di noi il potere del denaro, impugnano una pistola chiamata spread. Il rischio è grosso. Lo schieramento è assai folto. Ne fa parte la Banca Centrale, l’intera cupola europoide e, vergognosamente, l’apparato mediatico nazionale al completo.
Nulla di strano, l’intelligenza con il nemico – in altri tempi si chiamava tradimento – è un’antica abitudine del Bel Paese. I tifosi dello spread abbondano tra le opposizioni, le stesse che millantano di perseguire il bene dell’Italia (no, del “paese”). Qualcuno confonde spritz e spread. Il presidente di Confindustria Boccia è l’autore della battuta migliore. Secondo il capo degli industriali Mario Draghi avrebbe “salvato l’Italia”. Notizia non pervenuta agli italiani che non bevono spritz, consapevoli che i miliardi iniettati nel sistema dalla BCE hanno aiutato le banche non i governi, le imprese e i cittadini.
Un grande italiano misconosciuto, Giacinto Auriti, sostenitore della proprietà popolare della moneta, usava dire che solo chi ama la sua gente è degno di governarla. Finanzieri e industriali sono programmaticamente senza patria, ma non scorgiamo amore per l’Italia nei vertici politici della repubblica succedutisi da almeno quarant’anni.
Auriti fu il primo a comprendere che la perdita dell’emissione monetaria a favore del sistema finanziario ci avrebbe trascinato nella povertà.
La realtà è che l’UE sta giocando, per suo conto e in nome della diarchia franco tedesca, una partita la cui posta è il mantenimento dell’austerità “ideologica”. All’Italia è vietato difendere i confini, sostenere la sua industria, diversificare l’approvvigionamento dei prodotti energetici. Da oggi, il suo governo non può redigere una libera legge di bilancio. Il ruolo dell’esecutivo diventa residuale, vani i programmi politici e le elezioni.
Un filo d’acciaio unisce fatti apparentemente tanto diversi. Non proteggiamo i nostri figli dai paradisi artificiali, dalla violenza, finanche dallo stupro e dall’omicidio, accarezziamo i carnefici. Non abbiamo educato e poi difeso Pamela e Desirée, accettiamo senza fiatare invasione e degrado, applaudiamo chi lavora contro i nostri interessi. E’ un’Italia ubriaca, amica del nemico. Regrediti all’istinto, signorini soddisfatti senza identità, intenti a barattare gli ultimi scampoli di dignità insieme a pezzi di economia.
Nel frattempo, Roma capoccia del mondo infame esorcizza il dramma di Desirée con grottesche manifestazioni dell’ANPI, sindacati “de sinistra” e progressisti metropolitani il cui bersaglio non è la violenza, lo stupro o l’omicidio, bensì il governo, i razzisti e il solito Salvini. Al telegiornale hanno esibito un partigiano novantenne. Povero vecchio, non diciamogli che questo è precisamente il mondo costruito da quelli come lui, compresa la ripugnante alleanza tra gli orfanelli rossi e i signori dello spread.
Sono i tuoi fratelli, figli e nipoti, vecchio partigiano, ad avere tracciato il percorso. L’esperienza aveva insegnato all’umanità di questo spicchio di mondo come tenere sotto un pur precario controllo la sua natura tenebrosa di animale predatore: il mito, il rito, le prescrizioni, l’autorità. Il vaso di Pandora del materialismo, dell’utile, ha svelato all’uomo contemporaneo gli orribili segreti della sua origine brutale.