Antifascismo d’area

 

Antifascismo d’area

Anche quest’anno è arrivato il 28 ottobre, anniversario della marcia su Roma, ricorrenza ideologicamente “sacra” per quanto mi riguarda, una nebulosa di speranza, azione, volontarismo e militanza, essa riflette il vero spirito del Fascismo, non già come mera esperienza storica, ma come pensiero edificante e totale, in quanto ne contiene in senso organico tutti quei valori che concorrono alla costruzione del nostro “terzo sentiero”.

Ogni anno tuttavia, siamo costretti ad assistere alle più disparate sfilate di carrozzoni di pagliacci dai travestimenti più insoliti e provocanti in senso politico, ogni anno la ricorrenza della marcia su Roma si trasforma in un carnevale di idiozie, che puntualmente invece che essere un presupposto per rinsaldare lo spirito di una comunità ideale, fortificare l’animo militante e contestualizzare i contenuti del pensiero, finisce per spianare la strada alle bocche da fuoco dell’antifascismo, che non aspettano altro che i passi falsi di chi poco ha a che fare evidentemente, con l’esperienza culturale del Fascismo.

L’episodio che quest’anno è salito agli onori della cronaca, riguarda una militante che è stata intervistata a Predappio con indosso una maglietta grottesca, con su scritto “Auscwitzland “, con i caratteri propri della Disney. Esempio per capire, ovviamente, ne potremmo fare altri mille, non è il cattivo gusto individuale, non è l’azione scoordinata di colui che esce dai ranghi per un eccesso di personalismo, a distorcere la visione di un qualcosa di estremamente complesso e profondo, bensì è il cattivo posizionamento politico e metapolitico di tutta un’area, che quando per metodo, quando per contenuto, pecca di superficialità e manca di capacità di analisi politica, contribuendo alla ghettizzazione di un’idea, la nostra, che spesso è presente solo in senso “emotivo/sentimentale” nella mente dei militanti più disordinati.

Scriveva Dominque Venner: «Il rivoluzionarismo caricaturale, nelle parole, negli atteggiamenti e nell’azione è il nemico della rivoluzione. (…) Indossare un travestimento chiamandolo uniforme, confondere il settarismo con l’intransigenza e ostentare la violenza gratuita sono tutte pratiche che rivelano dell’infantilismo. Taluni vi trovano l’esaltazione di un morboso romanticismo. La rivoluzione non è un ballo in costume e neppure uno sfogo per i mitomani. L’azione rivoluzionaria non è l’occasione per giocare al rialzo col purismo.» 

Nella citazione di cui sopra si capisce in maniera chiaroscurale, quanto spesso e volentieri l’esperienza che di politico ha ben poco, di certi soggetti interni all’”area”, sia controproducente e nuoccia gravemente all’azione rivoluzionaria. In definitiva, la vita del militante è una vita di sacrificio, abnegazione, rinuncia, una vita esemplare dedita ad un solo obbiettivo; la rivoluzione. Tutto il resto appare come qualcosa di caricaturale, grottesco, inadatto all’affermazione delle idee che caratterizzano la nostra lotta.

La politica è una cosa seria, specialmente nel nostro ambiente. La si fa per dedizione e per vocazione, essa rappresenta per tutti noi una vera e propria necessità umana, storica, culturale, una scelta di campo che va vissuta con coscienza e senza ostentazioni. Quando non è tutto questo, ma è altro, allora è il volto del peggior antifascismo, il primo da estirpare.

Torna in alto