Roma è la lupa vecchia che ancora partorisce figli, una sorpresa biologica oltre quel tramonto invocato dai tanti crucchi della fantomatica Padania, Roma madre di sorprese e gioielli creduti ormai perduti, gettati tra i rifiuti speciali. Eh no, Roma assopita, sorniona, rattoppata come una barbona, dagli scatoloni tira fuori magie. Via Nazionale prendi il cardo di via Milano, prima del buio traforo, al n. 24 c’è un fabbricato su due piani, pertinenza del villino Hüffer (imprenditore di tabacchi trasferitosi nell’Urbe per darsi alla scultura) al piano terra per tanti anni le vetrine esponevano design della luce, poi pian pianino tutto l’isolato compresa la villa liberty padronale, è passato in proprietà alla Banca d’Italia. La nuova destinazione del complesso sarà a Museo permanente della Moneta, per cui fervono i lavori di restauro per la metamorfosi degli ambienti. Gratta e scartavetra le pareti della pertinenza e spuntano colori vivaci, il rosso, il blu il giallo con ampie campiture di marrone. Stai a vedere che è stato ritrovato un figlio della lupa dato per disperso, ma sì, è la decorazione di Giacomo Balla del primo cabaret romano del Futurismo battezzato dall’artista stesso Bal-Tik-Tak.
Ci spostiamo nel 1921, seconda stagione futurista, Boccioni e Sant’Elia erano volati via nel conflitto mondiale, l’Italia ribolliva nel pentolone della storia, la rivoluzione era ad un passo, gli artisti recuperavano dagli armadi chiusi mestiere ed oro della tradizione, Balla si avvicinava invece all’astrattismo geometrico in quella che era la sua terza stagione, le forme dinamiche si scioglievano vieppiù nei colore della luce stesi in ampie campiture montate in un puzzle.
Raccontava Elica, secondogenita dell’artista: “Un giorno, verso l’estate di quel 1921, Vinicio Paladini (dimenticato genio) venne per proporre a Balla un lavoro di decorazione completamente futurista: si trattava di abbellire un locale. Balla, felice, non chiedeva altro, per cui accettò di fare tutto il lavoro in quello che lui chiamerà il ‘Bal-Tik-Tak’, per un compenso di 4mila lire”. Non molto per gli 80 mq di murale dipinto a tempera per ornare l’androne di accesso ad un locale-night club alternativo dove si ascoltava musica simil jazz, degustando cucina futurista per palati curiosi, poi in pista, sempre al primo piano, ad ancheggiare nel ballo tirando via fino a tarda notte. Le notti magiche durarono un anno e mezzo poi calò il sipario.
La scoperta delle pitture è del 2017, un pezzetto alla volta staccando con cura rasature e vernici sovrastanti, adesso l’insieme è già visibile pur necessitando di restauro, sarà aperto agli occhi del pubblico con l’inaugurazione del Museo fissata al 2021. Voilà cosa ci aspetta dal pennello del mito Balla demiurgo, con F. Depero, della Ricostruzione Futurista dell’Universo compresa la propria abitazione: i colori primari giallo, rosso, blu più la loro fusione che è il marrone con macchie di profondità date dal nero e schegge di bianco, una tempesta di masse in movimento dai contorni netti, dinamici, ora curvi, ora aguzzi, poligonali, in una folle danza di incastri. E’ il Big Bang di un universo giocoso, colorato, perché no capriccioso, mai fermo, in continuo divenire partendo da un nuovo atto creativo proteso nell’infinito futuribile delle forme. Balla investiga le leggi inesplorate della natura scegliendo di generare immagini di un viaggio gaio oltre la materia alla ricerca dello Spirito Uno che in tutto s’incarna. Un viaggio iniziatico di purificazione dei corpi verso il cielo inseguendo gli insegnamenti della Società teosofica romana alla quale aderiva secondo la testimonianza scritta di sua figlia Elica nelle sue Memorie.
Da oltre vent’anni un altro tesoro è rimasto chiuso in attesa di una chiave che lo apra per farci entrare nel fantastico mondo di “Casa Balla” al quarto piano di via Oslavia, Roma ha i tempi degli orologi molli di Dalì, sediamoci allora fiduciosi ad aspettare.
Giacomo Balla, pitture murali nel cabaret Bal-Tik-Tak di via Milano a Roma