Cannabis libera e autarchia

 

Cannabis libera e autarchia

Sarà capitato anche a voi di vedere tanti negozi esibire la trionfante indicazione “qui cannabis legale” o “marijuana light”, accompagnata dall’immagine della caratteristica foglia verde della preziosa piantina di canapa light sativa. Il mercato è in gran fermento, i commercianti sono entusiasti della risposta del pubblico alla vendita dell’erba. Le stime parlano di un giro d’affari che supererà i 50 milioni di euro nell’anno corrente, con istogramma in salita. I rivenditori specializzati sono almeno 350 e aumentano costantemente.

La lunga marcia dei cosiddetti anti proibizionisti è giunta a una tappa fondamentale, conseguendo un’altra vittoria. Negli stessi giorni sono state pubblicate le conclusioni dell’Osservatorio Europeo delle Droghe e delle Tossicodipendenze, con dati allarmanti, specialmente sul consumo di cannabis e derivati. Contemporaneamente, si è levato il grido di allarme di operatori sanitari preoccupati per il numero e la giovane età degli assistiti per problemi di dipendenze. Una delle constatazioni è la diffusione dell’alcool unita al consumo di psicofarmaci, droghe di sintesi, e, appunto, di cannabis, la regina del mercato illegale con una quota di circa il 75 per cento. Chi è sul campo sottolinea il transito dall’alcool alle droghe cosiddette leggere, alla cannabis e alla vasta gamma dei prodotti chimici disponibili.

Ci è chiara la distinzione tra l’uso di prodotti a base di THC a basso dosaggio e il problema delle tossicodipendenze. Tuttavia, non ci sembra un bel segnale il fiorire (è il verbo adatto) di produzione e commercio di cannabis. La legge di riferimento è la 242 del 2016, che ha accolto un regolamento esecutivo dell’UE. Una provvidenziale circolare del ministero dell’Agricoltura – ultimo lascito del governo Gentiloni – ha dissipato gli ultimi dubbi procedurali: è legale coltivare la canapa, dunque ne è libera la vendita, purché il tasso di THC non superi lo 0,6 per cento, in quanto entro quel limite si ritiene che non vi sia responsabilità del produttore. La norma italiana oltrepassa i paletti posti dai burocrati europoidi.

L’entusiasmo è alle stelle. Il popolare rapper milanese J-Ax, noto per la partecipazione al programma televisivo The voice of Italy, ha aperto a Milano un punto vendita. Ha dichiarato “è arrivato il giorno che aspettavo da 20 anni “. Mala tempora currunt. Fonti ministeriali si felicitano per una ricaduta positiva della legge 242, pensata per incentivare la coltivazione di canapa. Sembra che non dovremo più importare dall’Olanda la cannabis light, poiché siamo in grado di fare fronte alle esigenze del mercato con il prodotto nazionale. Marijuana libera e pure autarchica: viva l’azienda Italia.

I rivenditori si fregano le mani, affermando che il loro pubblico ha tutte le età, con la deplorevole eccezione dei più giovani, che sembrano preferire il prodotto, come dire, più robusto, illegale. L’Osservatorio europeo rivela: circola più cannabis, sempre più potente e dannosa. La domanda inevasa, quella che richiede risposte oneste, resta la stessa: la cannabis fa male, o è innocua?

Da profani, non abbiamo risposta e non azzardiamo giudizi, tuttavia, si impone qualche riflessione. Il THC ha un uso terapeutico con effetti antidolorifici, antinausea, stimolanti dell’appetito e ipotensivi nella pressione oculare. Il cannabidiolo (CBD) è usato come antiinfiammatorio, analgesico, antipsicotico, ansiolitico e antiepilettico. Dunque, in dosi indicate da protocolli medici e sotto controllo sanitario, aiutano organismi malati. Non vengono certo prescritti a organismi sani. Se poi davvero, al di là dell’assuefazione o della dipendenza, assumere cannabis non avesse effetto alcuno, non si capirebbe come mai milioni di consumatori la assumano, anche nella versione legale con modica presenza del principio attivo.

I commercanti riferiscono che i clienti la comprano con tranquillità perché rilassa, magari la fumano contro l’insonnia. Esattamente ciò che serve ai padroni del vapore, generazioni narcotizzate dai consumi, dal piacere compulsivo, alle quali prescrivere una dose di Lete, la sostanza dell’oblio di Brave New World.

Chi dorme non piglia pesci, ma soprattutto non si ribella, non riflette, non diventa antagonista, non si chiede se la realtà che vive sia buona o cattiva. Essenziale è avere – a credito – i soldi per il consumo e quelli per lo sballo.

J-Ax, venditore felice, parla come un moralista d’altri tempi: “Il mercato illegale della cannabis ha un valore tra i 4 e i 9 miliardi di euro. Soldi che è meglio dare ai tabaccai, ai giovani imprenditori che stanno aprendo i negozi, a chi la coltiva e a chi la distribuisce”. Prosegue: “Soldi letteralmente bruciati, che con la cannabis legale vengono tassati e immessi nella società”.

Tombola! Ciò che diventa legale si trasforma inevitabilmente in giusto. In più, esprime l’asfissia di una società che ha rinunciato a definire il bene e il male. Siamo oltre, come nel transito del significato di tolleranza. Si tollera, si accetta per quieto vivere o altre motivazioni qualcosa che non si approva, ma di tolleranza in tolleranza si abolisce il giudizio di valore. Il soggettivismo permea la società, diventa una lotta impari esprimere una visione alternativa.

Dunque, consumino la cannabis, bevano come spugne, sballino, ma il doppio divieto di proibire e giudicare si infrange poi sulla vita concreta. Milioni di persone assuefatte a psicofarmaci, bisognose di sostanze da prestazione come la cocaina, costrette poi ad assumere sonniferi, o, come dimostra il successo della cannabis legale, calmanti, soporiferi o euforizzanti.

Parla invano l’Osservatorio sulle dipendenze, con le cifre tremende, milioni di consumatori da cannabinoidi, la metà di quelli in terapia che ricadono nella dipendenza, la difficoltà di far capire i rischi che corrono.  

Ovvio, al di là della retorica delle parole ufficiali, il Sovrano è ben felice di avere sudditi storditi, con la necessità di assumere sostanze o di istupidire dolcemente con surrogati legali, il nirvana onirico del trip a basso costo. Non si può socchiudere la porta e stupirsi se qualcuno la spalanca. Quel che importa, lo conferma J-Ax, musicista, modello generazionale, imprenditore, è che lo Stato, ex tutore del bene comune, abbia la sua parte. Siamo tutti felici, contenti e un po’ più “sconvolti”.  Forse essere dipendenti di qualcosa, cannabis, psicofarmaci, gioco, alcool, pornografia, ci rende consumatori più completi.

Non sappiamo se la cannabis legale a basso contenuto di principi attivi faccia male, ma siamo convinti che faccia malissimo aver banalizzato un’altra condotta – il consumo di certe sostanze- che ha ricadute negative e può stimolare scelte ancora peggiori. Con il permesso dei superiori e la circolare ministeriale, viva la cannabis del tabaccaio, viva Maria libera e autarchica.

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