La sfida

 

La sfida

Se non erro, trovasi ne “L’autunno del Medioevo” (l’autore è lo storico olandese Johan Huizinga), edito nel 1919, le vicende della Casa di Borgogna tra il Trecento e il secolo XIV fino alla sua dissoluzione a favore del Regno di Francia di Luigi XI. Ultimo Signore il Duca Carlo I, noto con l’appellativo de il Temerario, morto in battaglia il 5 gennaio del 1477, durante l’assedio di Nancy, ad opera delle milizie elvetiche. Il suo corpo fu ritrovato dopo tre giorni nei pressi di uno stagno, semi divorato dai lupi e il cavallo caduto anch’esso al suo fianco. Sotto le mura della città, già battuto ripetutamente, conobbe l’isolamento e l’abbandono di tanti dei suoi. Fu il Signore di Chimai a dargli notizia delle defezioni dei tradimenti del numero ormai esiguo dei suoi fedeli. Carlo lo ascoltò in armi, disteso sul letto. Un solo breve sprezzante orgoglioso commento: ‘Andatevene tutti! Se bisogna, combatterò io solo…’.                                                               

Una sfida, quale atto di dignità. M’è venuto a mente, forse in modo arbitrario, nel riprendere e sfogliare “La memoria bruciata”, ultime pagine. Autore Mario Castellacci, che fu allievo ufficiale della GNR alla scuola d’Orvieto e dove scrisse il testo di quella canzone strafottente, nota dal suo primo verso “Le donne non ci vogliono più bene”. Giorgio Bocca la definì la più bella canzone della guerra civile. (Lo invitai a scuola a raccontare della adesione ed esperienza nella RSI e, da uomo di spettacolo, seppe conquistarsi la simpatia dei miei alunni).                                                                                    

Siamo a Milano, il 25 aprile del ’45. Sgràub, l’autore stesso, cerca una via di fuga, un salvacondotto, in una città ove si uccide ad ogni angolo di strada. Smarrito timoroso d’essere riconosciuto un fascio di nervi tesi. Un giovanissimo partigiano, armato di mitra, lo ferma lo indica alle donne affacciate a finestre e balconi urla invettive pugni mentre, maldestro, egli nega per sfuggire alla cattura. Poi, appunto, la sfida.                  

Scrive e sembra emergere vivida la scena: “A Sgràub sembrò di colpo che tutta quella situazione fosse sporca e meschina. Insopportabile. Era improrogabilmente l’ora di farla finita. Prese fiato, alzò il viso a guardare in alto la schiera delle donne vocianti, fissò negli occhi verdastri il ragazzotto e poi disse – Sono un ufficiale della Guardia Nazionale Repubblicana!’…

Altra razza, un tempo eroico. Quell’essere per un Sì o per un No, ammonisce il padre di Zarathustra. Parole tanto simili a fendenti, ma oggi, osservava sconsolato Drieu la Rochelle, gli uomini non possiedono più la spada.

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