Le tentazioni dell’Arcangelo [6]
Con la dittatura comunista arrivarono per Noica anni difficili: espropriato dei beni, venne inviato al confino nel 1949, sopravvivendo con lezioni private svolte su qualsiasi argomento, persino sul salto in lungo, ad appena 5 lei a ora. Noica continuò però la riflessione filosofica attraverso numerose opere, tra cui un saggio su Hegel che vedrà la luce a Parigi nel 1962 e poi in Romania nel 1978; il fatto, però, di aver letto e discusso pubblicamente le opere di Cioran e di altri emigrati, oltre ad alcuni viaggi clandestini a Bucarest, porteranno al suo arresto e a una condanna a 25 anni di carcere. Ne sconterà sei e sarà liberato grazie a un’amnistia generale.
Dal 1965 al 1975 divenne ricercatore presso il Centro di logica dell’Accademia Romena e continuò a pubblicare numerose opere, tra cui Rostirea filosofica rominesca (Il linguaggio filosofico romeno) e Creatzie shi frumos in rostirea rominesca (Creazione e bellezza nel linguaggio romeno). Noica andò in pensione e si ritirò sui monti della Transilvania, poco lontano dal luogo natale di Cioran; in quest’ultima fase della sua vita, che terminò nel 1987 – era nato nel 1909 – oltre a pubblicare altri saggi, tra cui uno sul grande poeta nazionale Eminescu, si dedicherà a ricevere nel suo rifugio carpatico molti giovani intellettuali che si sottomettevano entusiasticamente al duro programma di lavoro stabilito da Noica che consisteva nella traduzione e commento di Platone, Plotino, Nietzsche e Heidegger. Come ha scritto un suo discepolo, imparare il greco, il latino, il tedesco, tradurre pubblicare e scrivere libri eruditi e raffinati, erano momenti di un rituale di liberazione dello spirito. Liberazione non tanto dalla dittatura politica comunista, ma dagli ostacoli che impedivano di ricongiungersi a quell’anima romena che il comunismo si apprestava a incenerire.
Un altro filosofo che fu in contatto con Noica è Nae Ionescu. Nato nel 1890, Ionescu studiò filosofia tra il 1909 e il 1913 all’università di Bucarest; continuò gli studi in Germania per rientrare in Romania alla fine della Grande guerra, iniziando la carriera di docente con corsi sulla fenomenologia dell’atto religioso e sulla realtà della vita spirituale. Come scrisse Eliade, parlare di cristianesimo e di filosofia cristiana nel 1921 all’università era un atto veramente rivoluzionario; una rivoluzione che poteva permettersi Ionescu in quanto logico temibile che teneva anche corsi di filosofia della scienza e aveva presentato la tesi di dottorato su una questione matematica. Nessuno, quindi, poteva accusarlo di dilettantismo e misticismo.
L’approccio di Ionescu era davvero rivoluzionario, infrangendo la linea idealistica che caratterizzava gli insegnamenti di filosofia nelle università romene per entrare in rapporto diretto con la linea culturale originariamente romena che rifiutava il cristianesimo sociale e moralistico ampiamente diffuso negli ambienti ortodossi della Capitale ed esaltava piuttosto un cristianesimo aspro, asociale, teocentrico, la cui unica norma era l’amore per Dio mentre quello per il prossimo era considerato una deviazione occidentale.