Strapaese

 

Strapaese

1975, pochi mesi prima di morire percosso e travolto dalla sua stessa auto sulla spiaggia di Ostia, Pier Paolo Pasolini pubblica una raccolta di Versi, “La nuova gioventù”, quasi presagisse l’approssimarsi della fine lascia al lettore un ultimo “Saluto e Augurio”, e lo fa in dialetto: ”difendi i paletti di gelso, di ontano,/in nome degli Dei, greci o cinesi./Muori d’amore per le vigne./Per i fichi negli orti. I ceppi, gli stecchi. /Per il capo tosato dei tuoi compagni. /Difendi i campi tra il paese e la campagna, con le loro pannocchie abbandonate. /Difendi il prato tra l’ultima casa del paese e la roggia. Porta con mani di santo o soldato l’intimità col Re, Destra divina che è dentro di noi.”

L’autore osannato dalle sinistre e dalla lobby Lgbt si commiata con un invito alla riscoperta dello Strapaese. Per chi non lo conoscesse lo “Strapaese” è stato un movimento letterario e culturale sviluppatosi in Italia intorno al 1926, caratterizzato dallo spirito patriottico e dalla difesa e valorizzazione del territorio nazionale. Il messaggio era tradizionalista, antieuropeo ed antiamericano, la riscoperta del “genius loci” (ovvero “spirito del luogo”) la valorizzazione delle peculiarità di ogni borgo, di ogni paese, sino al fermarsi alle “città”, le grandi metropoli erano già viste come un primo tentativo di quella globalizzazione che, come dissero i Bravi al povero Don Abbondio, …non s’ha da fare.

Oggi nelle città italiane, come in qualsiasi grande metropoli “occidentale” gli stessi negozi, succursali di brand internazionali, Roma, Parigi, Londra, sono praticamente identiche, se non fosse per le vestigia dei loro sempre più scomodi passati. Nelle città si mangia diversamente, i pasti arrivano direttamente a casa con Just Eat, ci si relaziona diversamente, spesso non si conosce il dirimpettaio, ma ci si sente pronti ad una indefinita accoglienza, si vota anche diversamente, un esempio, nelle votazioni Inglesi per Brexit del giugno 2016, nelle metropoli, i colletti bianchi, i giovani laureati, hanno votato in massa per “Remain”, peccato che oltre diciassette milioni di britannici abbiano votato pro brexit. Nelle maggiori testate giornalistiche italiane e internazionali titoloni tipo “i bifolchi hanno votato per la Brexit”. Repubblica spiegò che le ali dei sogni dei ragazzi Erasmus sarebbero state tarpate a causa dei populismi e delle destre, il tutto condito da foto nelle quali i pro-Brexit sembrano tutti tratti da un film di Ciprì e Maresco. 6 mesi dopo, in Italia, Il terzo referendum costituzionale nella storia repubblicana, la cosiddetta riforma Renzi-Boschi, darà risultati simili. Anche nelle ultime elezioni statunitensi che hanno visto la vittoria di Donald Trump, i “bifolchi” dell’America rurale hanno fatto la differenza.

Strapaese nacque, tra il Bisenzio, l’Arno, l’Ombrone, e la Val d’Elsa è la terra toscana, prima che un’ideologia, a inveire contro l’istituzionalizzazione e la burocratizzazione dell’Italia. Strapaese si assunse il compito di sfottere tutti gli accomodanti, i tiepidi, gli amanti dei compromessi e delle transazioni. In una parola: i liberali. Se negli anni del consenso la difesa delle peculiarità territoriali passava attraverso la stampa di riviste tipo, Il Selvaggio e L’Italiano, da autori come Mino Maccari, Leo Longanesi, Ardengo Soffici e Curzio Malaparte, oggi parte da un fenomeno diffuso e poco indagato, le comunità militanti, comunità che possono essere Culturali, Sportive, di volontariato, spesso apartitiche, ma quasi mai apolitiche, anzi, in un epoca dove i social hanno sostituito il sociale, spesso restano l’unica reale espressione politica.

Se si vuole tornare ad una prassi politica, non servono i “rassemblement” di partiti e partitini dello zero virgola, serve ripartire dal “campanile” dagli eletti civici dei piccoli e grandi comuni italiani, dagli operai, dai contadini, dai “bifolchi” da chi ex di destra o ex di sinistra ha capito la definizione di liberismo come esplicata da Soffici sul Selvaggio del 12 ottobre 1924: «liberalismo = lasciare a tutti la libertà di sopprimere la nostra.

 

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