Jüngeriana [3]

 

Jüngeriana [3]

Molti anni più tardi, in un articolo su «Il popolo italiano» del 30 dicembre 1956, Evola denunciava per la prima volta quella che a lui pareva «una visibile caduta di livello quanto a tensione spirituale, a orizzonti politici, a visione della vita» nella seconda produzione jüngeriana del secondo dopoguerra, certo non compensata dal riconoscimento di un miglioramento dello stile. Al di là dello specifico tema affrontato – il contrasto tra Oriente e Occidente – l’accusa più forte rivolta allo scrittore tedesco era quella di essersi convertito a una sorta di umanesimo democratico, come se fosse rimasto sconvolto dagli eventi legati al nazionalsocialismo e al conflitto; per questo, secondo Evola, nell’ultimo Jünger vi si trovava ben poco di interessante per coloro che ancora combattono sulla linea di una destra rivoluzionaria.

Più indulgente la recensione di Al muro del tempo pubblicata su «L’Italiano» n. 51 del maggio 1960, del resto il libro sarà tradotto dallo stesso Evola più tardi, nel 1965, con lo pseudonimo di Carlo d’Altavilla. L’opera segna, per il filosofo romano, un ritorno alle posizioni del primo periodo; tuttavia, anche in questo caso, non mancano le prese di distanza: il libro non aggiungerebbe nulla alle precedenti tesi, non approfondisce il tema della Bildung interiore nell’èra dell’Operaio e affronta una metafisica della storia con intuizioni personali intelligenti, ma prive degli strumenti della Tradizione indispensabili a tale compito. Viene criticato anche l’ottimismo di Jünger in merito al prodursi, alla fine del mondo borghese e del nichilismo, di un’alta tensione capace di suscitare un nuovo mondo. Evola ritiene difficile intravedere qualcosa di simile all’interno di prospettive esistenziali coltivate solo nel segno del consumo e del benessere bovino.

Già prima dell’Operaio, quindi, le letture evoliane di Jünger risultano copiose e attente, ma sempre, ci sembra di poter dire, con risultati piuttosto critici. Non può essere casuale, d’altronde, che lo scrittore tedesco sia relativamente poco citato nelle opere di Evola; basti pensare a Rivolta contro il mondo moderno, l’opera forse più importante e certo la più ponderosa, nella quale Jünger viene citato solo due volte, una volta in nota e in un’altra presentato come una sorta di anti-Remarque, come esempio cioè di colui che non esce vinto, interiormente spezzato dalla guerra, ma ne risulta piuttosto interiormente temprato, che poi costituisce il leit-motiv delle citazioni evoliane di Jünger.  

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