Si profila il piano USA di aggressione contro l’Iran
Gli Stati Uniti hanno identificato nell’Iran il loro nuovo prossimo obiettivo e, per convincere alleati e opinione pubblica internazionale, hanno iniziato una forte campagna di demonizzazione del regime di Teheran.
Gli Stati Uniti hanno convocato una conferenza internazionale sul Medio Oriente il 13-14 febbraio in Polonia. La principale richiesta che verrà fatta dagli USA ai paesi partecipanti sarà quella di associarsi alla campagna anti-Iran ed alla prossima aggressione militare. L’elenco dei partecipanti al forum non è ancora stato determinato, ma sono apparse le prime segnalazioni di coloro che si rifiutano di parteciparvi.
Anche importanti media USA, come il Wall Street Journal, pongono l’attenzione sul fatto che gli sforzi degli Stati Uniti per impegnare l’Europa in una campagna contro l’Iran sono stati fino ad oggi un fallimento: i ministri di diversi Stati membri dell’UE probabilmente salteranno la conferenza a Varsavia. Le fonti hanno riferito che probabilmente non vi parteciperà anche l’alto rappresentante della UE, Federica Mogherini.
Persino la Russia, che è un alleato dell’Iran, ha ricevuto un invito all’incontro di Varsavia, ma si guarda bene dal partecipare. L’intero programma è dettato da USA, Israele ed Arabia Saudita ed è teso al contenimento dell’Iran nella regione.
L’Iran ha fortemente contestato l’evento; il ministro degli Esteri Jawad Zarif ha condannato la prossima conferenza come un “disperato circo anti-iraniano”. Teheran si prepara a resistere mobilitando tutte le sue forze.
L’organismo internazionale, “International Crisis Group”, nel suo rapporto, dedicato al terzo anniversario dell’accordo nucleare iraniano, notando l’impegno iraniano per l’attuazione del Piano d’azione globale congiunto (JCPOA), non esclude che la pazienza di Teheran “possa finire”.
La ragione di ciò è la politica degli Stati Uniti, che è uscita dal JCPOA nel maggio 2018. Come sottolinea il rapporto, la Casa Bianca è determinata a distruggere l’economia iraniana, a rimuovere gli investitori internazionali dal paese e a portare gli iraniani nelle strade a protestare contro il regime. Un piano di sobillazione simile a quello attuato in Siria e in Libia. Allo stesso tempo, gli Stati Uniti stanno cercando di fare tutto questo entro il 2020, quando, in conformità con la risoluzione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, l’embargo sulla fornitura di armi convenzionali all’Iran verrà revocato.
Va notato che i partner europei degli Stati Uniti nella NATO hanno opinioni diverse sul Medio Oriente. La posizione dell’Europa è ben nota: solo la violazione da parte dell’Iran dei suoi obblighi può giustificare la revisione di un accordo nucleare. Gli europei, tuttavia, non mettono in discussione la solidarietà transatlantica.
Nonostante la posizione favorevole dell’Europa nel mantenere l’accordo, molte società europee hanno lasciato l’Iran per paura di diventare oggetto delle sanzioni. L’unico effetto rilevante della campagna è aver privato Teheran della maggior parte dei benefici promessi dall’accordo con i paesi europei. La situazione economica in Iran sta peggiorando, nuove sanzioni hanno portato a una rapida riduzione delle entrate petrolifere e ad un forte aumento dell’inflazione. Tuttavia il regime iraniano gode dell’appoggio della maggioranza della sua popolazione e l’odio antiamericano si è accresciuto.
Il piano di USA e Israele del cambio di regime a Teheran non appare così praticabile, l’Iran è un paese che ha una storia millenaria, una forte coesione nazionale e dispone di una tecnologia avanzata, di un elevato potere militare, con proprie milizie dislocate anche in Iraq, in Libano ed in Siria. Non sarebbe un obiettivo facile per un’eventuale aggressione militare. Si configurerebbe una guerra di logoramento che coinvolgerebbe Israele e le basi USA che dovrebbero pagare un prezzo molto alto.
A Varsavia, gli Stati Uniti cercheranno di fare pressione sull’UE. L’obiettivo finale dell’amministrazione statunitense in Iran rimane un cambio di regime. Obiettivo che di sicuro non coincide con gli interessi dell’Europa che prima o poi dovrà definire chiaramente il suo atteggiamento.