Domenica 10 febbraio, il giorno del ricordo. Ricorrenza istituita in legge il 30 marzo del 2004 a memoria degli eccidi e dell’esodo, tenuti celati per oltre mezzo secolo, di tante genti italiane in territorio d’Istria di Fiume parte della Venezia Giulia Dalmazia. E tuttora c’è chi nega chi giustifica quei corpi legati ai polsi con il filo di ferro il colpo alla nuca gettati ancora vivi nelle foibe, in mare con pietre al collo torturati e lasciati in cave lungo i fossi nel fitto dei boschi. Forse dovremmo divenire noi stessi crudeli e altrettanto feroci – invitato ad un convegno di giovani di Forza Italia (scandalizzando i presenti ma anche ottenendo applausi) ebbi a dire che, questa volta, nelle foibe ci avremmo noi buttato loro…
La data del 10 febbraio, quella del 1947, la firma del trattato di pace a Parigi, quando ci imposero cedere alla Yugoslavia tutta l’Istria la Dalmazia il Quarnero con la città di Fiume e della Venezia Giulia fino alle porte di Gorizia e Trieste. Ricordo il monologo del colonnello Kurtz (un Marlon Brando magistrale!) in Apocalypse Now, anno 1979, regia di Francis Ford Coppola, film liberamente tratto dal romanzo Cuore di tenebre di Joseph Conrad. “L’orrore ha un volto. Bisogna farsi amico l’orrore…”. Fiume.
Eppure quanta gioiosa follia aveva conosciuto “alla festa della rivoluzione” in quel 12 settembre del ’19 quando il poeta Gabriele D’Annunzio era entrato in città in divisa da ufficiale dei lanceri di Novara e nell’automobile rossa e scoperta. Redenta Fiume a cui erano accorsi volontari da tante parti d’Italia. Giorni furono e furono mesi fino al Natale di sangue del ’21 quando l’interminabile colonna di legionari raggiunse il cimitero di Cosala per l’estremo addio. Il Comandante, a capo chino, la bandiera che aveva avvolto il corpo dell’eroe Randaccio, monito e simbolo d’abbraccio collettivo. Così moriva quella stagione di incanti intenti visioni. La Carta del Carnaro, la poesia più ardita del XX secolo a costituzione. Utopia? Eraclito e Nietzsche ci invitarono ad aderire ai sogni alle emozioni al gioco del fanciullo, senza i quali il mondo diviene la prigione di sbarre e chiavistelli.
Così il 3 maggio del ’45 i titini entrano in città per strapparne l’anima italiana farne scempio, illusi, ché essa si farà esodo patria in esilio… E da subito, per tre giorni, si faranno stolidi servi, assassini, affilando i coltelli della pulizia etnica. Fra i primi ad essere eliminato il maresciallo Vito Butti della Guardia di Finanza. Quella mattina si trovava in casa con la moglie e le due figlie. L’avvertono che i partigiani si stanno portando via i giovani finanzieri di cui è responsabile. Nessuna esitazione. Indossa l’uniforme e va. “Non posso lasciare soli i miei ragazzi”, alla moglie. Sarà ritrovato ucciso, denudato e torturato. La grandezza dell’animo si accompagna sovente alla solitudine… Ovviamente non vi è traccia di encomio postumo, forma qualsiasi di riconoscimento al valore. Di tutto questo lo Stato italiano non sa che farsene.