Jünger: la sfida del ribelle [2]

 

Jünger: la sfida del ribelle [2]

Il Trattato del Ribelle inizia, è vero, con una critica dei sistemi totalitari, ma nei caratteri con i quali sono delineati si intravedono sinistramente i metodi dei nostri regimi democratici, in cui ci si limita a rispondere all’offerta di soluzioni attraverso una scheda elettorale ridotta a questionario con il quale il potere – il Leviatano di hobbesiana memoria – controlla i suoi sudditi.

Un sistema che limita sempre di più il dissenso e che deve continuamente inventare nemici per giustificare le sue pressioni sulle libertà individuali in nome della sicurezza. Un sistema in cui il dissenso è apparentemente ammesso, ma in realtà criminalizzato come nemico della pace, del progresso, della civiltà “umana”. Impossibile non vederci il nostro totalitario presente, in cui qualunque deviazione dal politicamente corretto che impone l’esaltazione delle minoranze sessuali, etniche e del tipo più vario anche a scapito della realtà e del buon senso, comporta, nel migliore dei casi, l’accusa di non essere umano, nel peggiore può prevedere la discriminazione sociale, la perdita del lavoro e forse, in un domani non lontano, l’arresto.

In questa situazione è più che legittima l’astensione che sottolinea un disprezzo più grande dell’opposizione – che comunque può manifestarsi in forme più efficaci. Ma non per questo chi dissente è già un Ribelle. Per prima cosa occorre saggiare la propria forza di singolo in seno a grandi masse gerarchizzate e quella che un’èlite di oppositori può sprigionare in contrapposizione alla passività della maggioranza obbediente. Ovvero, per tradurre il concetto in forme contemporanee: di fronte alla globalizzazione e alla sterilizzazione delle coscienze di quanta indipendenza siamo capaci? A quante cose sappiamo dire di no? E le risposte, oggi, non possono non indurre al pessimismo, considerato la dipendenza delle masse dagli strumenti tecnologici, masse che nei non-luoghi moderni non riescono nemmeno ad alzare più la testa dai loro telefoni cellulari e sono pronti a gettarsi, senza esitazioni, in un dirupo se vi vengono indirizzati dal loro navigatore satellitare.

Ma se il potere approfitta della mediocrità della sostanza umana, si formano per reazione, secondo Jünger, dalle forze della vita, dei tipi umani: primo fra tutti l’Operaio che «avanza sereno e imperturbabile verso la sua mèta»; poi il Milite Ignoto, l’eroe della Grande Guerra nelle cui tempeste di fuoco era ancora possibile «un eroe, un domatore di mondi fiammanti, capace di reggere enormi fardelli nel mezzo delle devastazioni meccaniche. È il degno discendente della cavalleria occidentale».

A queste due figure si affianca ora quella del Ribelle, con non pochi tratti problematici, tuttavia, che si vedranno.

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