Non Una di Meno: se le femministe si dimenticano delle donne (prima parte)

 

Non Una di Meno: se le femministe si dimenticano delle donne (prima parte)

Come ogni anno, puntuale come le tasse, torna la festa della donna e con lei le manifestazioni psicopatologiche dei collettivi femministi.

Fra questi il più attivo è “Non Una di Meno”, nato sull’onda dell’omologo argentino “Ni una Menos”, un movimento che non si definisce semplicemente femminista, ma addirittura “transfemminista”, coerentemente con la nascita del cosiddetto “femminismo intersezionale”. Ma esattamente cosa sarebbe? Sul sito di Non Una di Meno leggiamo che esso è “una prospettiva politica che abbraccia molteplici lotte contro tutte le oppressioni possibili, senza imporre una gerarchia fra di esse, ma rivendicando le specificità di ciascuna (…) Compito della nostra lotta è proprio quello di svelare che l’eteronorma è una costruzione sociale (sic!) che ha uno scopo ben preciso, ossia mantenere un sistema che favorisce un gruppo di individui molto concreto.” Sì, avete capito bene: il nemico di Non Una Di Meno è Gino, autotrasportatore fiorentino di 50 anni che ama le donne, il vino e la partita della Fiorentina la domenica pomeriggio, oscuro personaggio noto anche come “esponente dell’etero-patriarcato bianco”.

 Abbattere la società etero-normata, il binarismo di genere e l’omolesbotransfobia (supercalifragilistichespiralidoso!), ecco gli obiettivi della lotta femminista 3.0, un mappazzone fuffoso che vuol dire tutto e non vuol dire niente, un coloratissimo caos di neologismi e postulati (“è la cultura che ci rende uomini e donne eterosessuali, non il contrario”) dal quale ne esce sconfitta proprio la donna.

Un esempio? Recentemente la leggenda del tennis femminile, Martina Navratilova, si è scagliata contro l’introduzione dei transessuali all’interno delle categorie femminili. In una lettera indirizzata al Sunday Times ha scritto: “E’ sicuramente ingiusto per le donne competere contro persone che, biologicamente, sono ancora uomini. Sono felice di rivolgermi a una donna transgender in qualsiasi forma preferisca, ma non sarei felice di competere contro di lei”.

Ovviamente la Navratilova è stata coperta di insulti, ma le sue preoccupazioni sono tutt’altro che infondate: due maschi transessuali del Connecticut, Terry Miller e Andraya Yearwood, hanno infatti dominato una gara di atletica leggera, umiliando le avversarie e arrivando persino a stabilire nuovi record. E non rappresentano certamente un caso isolato.

 A questo giro le femministe intersezionali chi intendono difendere? Non è dato saperlo, anche se sulla base dell’algoritmo petaloso femminista possiamo intuire che il transessuale afroamericano batte di gran lunga l’atleta donna bianca eterosessuale.

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