Sono trascorsi pochi giorni dall’anniversario di Valle Giulia – 1 marzo del ’68 – e, fra pochi giorni, il conseguente 16 di marzo – là dove, sogno o illusione che fosse, venne spazzato via dalla logica, mefitica e perversa, del mondo adulto nella forma orrida e oscena del potere e dei due partiti in contrapposizione fra loro con gli archetipi del fascismo-antifascismo e comunismo-anticomunismo. Ragioni ed esperienze storiche legittime ma, qui, rinnovate ad uso strumentale, per mantenere il culo su poltrone e prebende e tacitare le spinte giovanili di protesta.
Vanto esserci stato. Da protagonista, magari generoso sciocco trasognato, bastoni e barricate, mentre altri tiravano le file del teatrino, in ombra e con sostanza. Di razza, però, appartengo a coloro che non conoscono rimpianti rimorsi rivalse (alla mia età sarei ben simile al latrare di cane bastardo e sdentato! e questo offende l’estetica a me cara e che mi accompagna a Cyrano de Bergerac e all’inossidabile Cavaliere della Mancia. Guascone – o sbruffone? – e a cercare giganti in mulini a vento). Mattina di aprile, piazzale della Minerva, Franco Russo, con pretese da leader falce e martello, mi si accosta. Con cipiglio e presunzione prova a dettarmi: ‘Se la polizia carica stai al mio fianco…’ (Che onore!, nella sua arroganza) Ed io che ho avuto sovente il dono della battuta facile: ‘Tu stammi dietro. Se gli sbirri caricano, io ti copro e tu scappi’. A dirla con Franco Battiato si respirava ‘aria di rivoluzione’ e, forse, erano soprattutto ondate ormonali…
Le cause finiscono per confondersi ed essere spazzate via dal tempo e circostanze, a finire nell’immondezzaio della storia. Lo stile è d’altro conio. Come scrissi in E venne Valle Giulia, si eviti l’errore, grossolano e offensivo, di prendermi per un buono dalla parte dei cattivi e non viceversa. Ecco perchè non donerò perle di saggezza, dotte ed erudite analisi socio-politiche, pro e contro, confronti con questo malo presente, ma solo la ‘libidine’ (erotismo di agili forme in azione) di esserci stato. Consolazione, si fa per dire, di un vecchio professore in pensione. Che, poi, si scelga sempre e in ogni caso quando soffieranno più forti i venti del cambiamento. Questo, però, ce lo dice il linguaggio del corpo, schifando la pretesa e il dominio della ragione.