Jünger: la sfida del ribelle [5]

 

Jünger: la sfida del ribelle [5]

Jünger non si limita a individuare i motivi e le tecniche della ribellione, ma nell’ultima parte del suo Trattato del Ribelle si dedica a una sorta di pars costruens che disegna i tratti salienti del tipo del Ribelle. Innanzitutto, il Ribelle è uomo d’azione, di un’azione che non conosce compromessi o speranze di intendersi con il nemico; è uomo che non dipende dalla medicina  per la sanità che preferisce affidare a un’armonica considerazione del proprio corpo, senza medicine né medici, perché chi vive nel bosco non è tipo da adattarsi a una serra; inoltre il Ribelle è anche colui che non si aspetta che la legge difenda i suoi diritti, cioè non è tipo da correre dall’avvocato mentre gli violentano la madre.

Il Ribelle sa che il potere coltiva la legalità mentre produce illegalità ed è pronto a difendersi da solo anche in modo sostanziale, cioè violento. Il Ribelle, infatti, non è un pacifista “senza se e senza ma”, quanto piuttosto un partigiano della libertà, pronto anche all’uso della forza se necessario. Il Ribelle è colui che lotta per la libertà anche in condizioni disperate; è un guerrigliero che nascosto nel bosco – che è dappertutto, anche nelle retrovie del nemico – può scegliere il luogo e il tempo opportuno per attaccare il sistema. Così, in campo morale, le azioni del Ribelle non si conformano ad alcuna dottrina, ma attingono alle fonti della moralità ancora non disperse nei canali delle istituzioni.

Ma nel bosco il Ribelle incontra anche l’altro da sé, stabilendo un’identità, porgendo aiuto fin dentro gli ospedali e le prigioni, erede dell’antico cavaliere che offriva protezione da demoni e draghi. Egli è certo un criminale per il Leviatano che criminalizza ogni diversità e resistenza, persino ogni rifiuto di ridurre la propria esistenza entro i confini del consumo e del politicamente corretto. «Meglio delinquente che borghese», ebbe a dire Jünger, che ora sembra tornare indietro e prendere le distanze dalla sua stessa affermazione: perché il Ribelle deve differenziarsi dal criminale comune per moralità e conduzione della lotta, ed è importante che questa distinzione sia sempre ben viva nel suo foro interiore.

Il Ribelle, infine, è colui che decide in merito a cosa considerare sua proprietà, attraverso un inventario di ciò per cui varrà la pena lottare e ciò che sarà un atto di libertà abbandonare, perché è difficile conservare la propria natura quando si è impacciati da troppi beni: come ben sanno gli spagnoli di Cortés che caddero per non essersi voluti separare dall’oro che portavano con sé. La speranza di Jünger è la fede, perché un uomo convinto che nulla esista oltre la propria esistenza è più facile preda della paura quando gli si minaccia la perdita dei beni e della vita. Occorre però riaprire l’accesso all’essere originario dell’uomo e alla consapevolezza della propria eternità; un compito che spetta al poeta più che al filosofo e al teologo perché il mondo del linguaggio è superiore a quello delle cose per forza e capacità. Ma se le parole danzano ancora sul Titanic, il luogo del Verbo, della parola di Dio si può udire soltanto nel bosco.

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