Jugoslavia 1999: la prima guerra dell’oligarchia finanziaria mondiale

 

Jugoslavia 1999: la prima guerra dell’oligarchia finanziaria mondiale

Il 24 marzo prossimo saranno passati vent’anni esatti dalla prima guerra voluta dall’oligarchia finanziaria mondiale contro chi, fra i primi, non si piegò al cosiddetto “Washington consensus”. Stiamo parlando della Repubblica Federale di Jugoslavia, già molto provata dalle guerre, sempre organizzate ad hoc dall’élite finanziaria mondiale, svoltesi tra il 1991 e il 1995. Quando ebbe inizio l’operazione della NATO (da sempre braccio armato della già citata élite), chiamata Allied Force, la Federazione jugoslava era formata dalle Repubbliche di Serbia e Montenegro, la prima delle quali inglobava due province autonome, Vojvodina e Kosovo. In quest’ultima vi era in atto una guerriglia secessionista, portata avanti dall’ UCK, l’esercito di liberazione del Kosovo, formato prevalentemente da separatisti albanesi e foraggiato pesantemente dalla CIA.

La motivazione dell’operazione era data, secondo il mainstream occidentale, da presunti atti di genocidio (smentiti, come da copione, negli anni a seguire) compiuti dalle forze armate jugoslave e dalla polizia serba nei confronti degli albanesi kosovari. In realtà, la vera ragione dell’operazione, come si vide più chiaramente nel 2000 (prima rivoluzione colorata made in Soros, con il plauso dei sinistrati italiani), era l’instaurazione di un “regime change” in Jugoslavia, dato che era praticamente l’unico Paese dell’est Europa che, dopo la fine dei regimi comunisti, non aveva applicato nessuna riforma in senso neoliberale e aveva anzi mantenuto l’assetto socioeconomico ereditato dalla Jugoslavia titoista.

Il suo presidente, Slobodan Milosevic, promotore di una politica estera fortemente antimperialista, aveva capito, prima di tanti altri, cosa fosse la neonata Unione Europea e puntava perciò alla realizzazione di una comunità euro-mediterranea, che guardasse verso l’asse russo-cinese. Durante le conferenze di Ramboulliet, la Jugoslavia non accettò le condizioni poste dalle potenze occidentali, giudicate, non a torto, un autentico affronto per qualsiasi Stato sovrano. La NATO, dunque, nonostante il Consiglio di sicurezza dell’ONU non si fosse espresso in merito alla vicenda, visto il veto posto da Russia e Cina, decise, senza alcuna legittimazione internazionale, di avviare l’operazione di bombardamento continuo del territorio della Repubblica Federale di Jugoslavia. Iniziò un’autentica propaganda demonizzatrice (come sta avvenendo in questo periodo con Maduro sulla questione venezuelana) nei confronti del presidente jugoslavo Milosevic, a cui si accodò anche la sinistra nostrana, all’epoca al governo con l’ex PCI Massimo D’Alema.

L’Operazione “Allied Force” durò circa 2 mesi e mezzo, sino al 10 giugno 1999. Furono colpiti ovviamente tutti i punti strategici, tra i quali il ministero della difesa e la sede del partito socialista, e persino l’ambasciata cinese a Belgrado. Il vero dramma, tuttavia, fu che, questa volta, l’interventismo umanitario targato NATO non ebbe pietà per niente e nessuno: 328 scuole elementari, 25 Università, 15 collegi studenteschi, 20 case della gioventù, 33 ospedali, 54 tra chiese e monasteri, 4 cimiteri, 15 musei, 5 sedi TV, 44 ripetitori, 61 ponti, 19 stazioni ferroviarie, 34 stazioni autobus, 13 aeroporti, 121 fabbriche, 23 tra raffinerie e depositi, 28 centri agricoli, furono colpiti dai bombardamenti.  Persero la vita circa 2500 civili, tra i quali il 30% bambini.

Un’autentica strage, di cui ancora, se si passa da Belgrado, si possono vedere i segni. Per non parlare delle morti, anche di nostri soldati, e delle nascite di bambini malformati, causate dall’uranio impoverito, utilizzato durante questa “missione di pace”.

Una vicenda, insomma, che non può che farci riflettere, soprattutto in questo delicatissimo momento internazionale, in cui si è veri sovranisti, se si è anche antimperialisti: non si può urlare ai quattro venti di essere sovranisti e poi sostenere il golpe statunitense in Venezuela. Questa ricorrenza serva da monito.

 Ora più che mai è necessario tornare veramente padroni a casa nostra: fuori dall’UE e fuori dalla NATO. A sostegno di chiunque si opponga all’egemonia yankee.

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