Scuola di Pensiero Forte [44]: la famiglia come soggetto politico del bene comune
Vediamo ora il valore della famiglia intesa come soggetto politico del bene comune.
Per prima cosa, dobbiamo considerare tre “dimensioni” che caratterizzano la famiglia, ovvero il suo essere-da, essere-in ed essere-per. Chi è avvezzo agli studi filosofici, già avrà sentito il richiamo della tripartizione fenomenologica di Husserl e Levinas, ma in questo caso non si tratta del paradigma costitutivo del tutto, bensì della applicazione interpretativa, per la quale facciamo nostri questi concetti per poter spiegare facilmente ciò che vogliamo dire. Si tratta di tre dimensioni, tre modalità, tre chiavi di lettura che possiamo applicare alla famiglia per comprenderne la sua essenza nel conteso che stiamo analizzando.
La famiglia è un essere-da, ovvero proviene da qualcuno e da qualcosa: da qualcuno, perché essa non è un oggetto o un artificio della cultura, bensì è costituita da persone, dunque è viva anzitutto nella sua composizione proprio perché fatta da persone vive, che hanno il loro vissuto, una storia unica e irripetibile, un fine ultimo proprio; da qualcosa, perché essa è in un certo senso generata dalla società, poiché non vive mai da sola, quasi fosse un’isola deserta, bensì proviene da quel “grembo” che è la società in cui essa vive, come un figlio proviene da una madre pur essendo esso stesso già persona sin dall’istante del concepimento.
È, poi, essere-in. Questo termine indica uno stato in luogo, che richiama un posto, una realtà di vita, un dove nel quale essa si muove, si attiva, fa concretamente, appunto vive. Tale luogo è costituito anzitutto dalla soggettività stessa dei suoi membri, perché ogni persona che fa parte della famiglia vive in sé il suo essere parte della famiglia, e lì la realizza, la compie nella parte che gli spetta, la fa crescere o distruggere, migliorare o peggiorare, agendovi in maniera performante; ma questo luogo è anche la società tutta, il mondo intero, ogni cosa che è esterna al singolo membro, a partire dal luogo fisico dove la famiglia vive, come la casa, per poi estendersi alla comunità, al quartiere, alla città, la nazione e vi dicendo, in una dimensione materiale che è anch’essa oggetto di una azione e di una riflessione.
In terza battuta, la famiglia è essere-per. Qui entriamo nell’aspetto più alto dei tre, dove si riconosce, si trae e si realizza il fin della famiglia, la sua vocazione alla felicità ed alla relazionalità. Esser-per…che cosa? Tutti e tutto. Esser-per e precisamente questo: apertura all’altro, trascendenza di sé, uscire dal proprio io per trovare l’altro e poter rientrare in sé più ricchi e realizzati di prima conoscendosi meglio; è un per che riguarda il prossimo mio, a partire dal membro della mia famiglia, dove realizzo il primo nucleo di vita sociale, ma anche il prossimo esterno ad esso, ovvero la comunità, il mondo intero, gli altri intesi nella loro più vasta e multiformi totalità. È questo essere-per che qualifica la persona prima e poi la famiglia al suo fine più grande, e da come ciò viene realizzato si giudica il bene o il male, il successo o l’insuccesso, la riuscita o il fallimento della propria chiamata all’esistenza.
Queste tre dimensioni mostrano che la famiglia non è fine a se stessa, bensì è soggetto agente, attore protagonista di un qualcosa. Ciò è la politica, o meglio la realizzazione del fine proprio della politica che è il bene comune. Qui comprendiamo, ancor meglio, perché la famiglia è così fondante e fondamentale per la società e per la politica stessa.