La rete internazionale del terrorismo jihadista ed i suoi sponsor
Lo spaventoso massacro avvenuto nello Sri Lanka contro i cristiani, all’interno delle chiese e negli Hotel turistici nella settimana di Pasqua, aveva suscitato grandi interrogativi sul chi e perché avesse voluto colpire in modo così sanguinoso ed eclatante i simboli di una religione professata in quel paese da una minoranza.
Il sospetto sui gruppi radicali jihadisti dell’ISIS quali autori della strage, già manifestato nelle ore successive agli attacchi e la rivendicazione trasmessa dal portavoce di questa organizzazione criminale, si è trasformato in certezza. Se si vuole indagare sulle finalità e sulla strategia dei mandanti di questi massacri non si può trascurare il fatto che questi attacchi terroristici siano stati attuati nello Sri Lanka – una nazione che oggi sta entrando nella sfera di influenza cinese.
Le stesse autorità del paese asiatico avevano da subito individuato una pista transnazionale nell’esecuzione di questi attentati, vista l’organizzazione e i mezzi usati. Tanto meno si potrebbe pensare che l’ISIS, un’organizzazione che dispone di enormi risorse finanziarie e si estende su tre continenti, potrebbe esistere senza un supporto finanziario internazionale.
Se si procede ad esaminare chi abbia utilizzato il terrorismo jihadista nei decenni passati, in particolare quello di marca wahabita e salafita, allora è gioco forza puntare il dito sull’Arabia Saudita e sulle agenzie di intelligence anglo USA che in molti paesi, dalla Siria alla Libia, dall’Afghanistan alla Bosnia, hanno fino ad oggi utilizzato i gruppi jihadisti per i loro obiettivi geopolitici. Così non è difficile indovinare chi abbia interesse a destabilizzare i paesi dell’Asia che sono attratti dalla cooperazione con la Cina.
Non è un mistero che l’Arabia Saudita ha speso centinaia di milioni di dollari per diffondere l’ideologia wahabita radicale e intollerante. Questo fatto è comprovato da numerosi documenti e mai considerato dai governi occidentali.
In alcuni paesi, come ultimamente in Siria, ci sono prove schiaccianti del coinvolgimento diretto degli USA con gruppi terroristi, come risulta dai documenti della DIA desecretati e dalle stesse confessioni di esponenti dell’establishment statunitense. L’apparizione dell’ISIS in Asia non è una novità essendo emersa da tempo nelle Filippine. Anche in quella nazione si sono verificati attacchi terroristici ed una recrudescenza di questi è avvenuta proprio quando a Manila il governo Duterte aveva cercato di sganciarsi dall’alleanza con gli USA e si stava avvicinando verso la Cina.
Altri episodi di apparizione dell’ISIS si sono avuti in un altro stato del sud-est asiatico -nel Myanmar – episodi che hanno creato un improvviso conflitto nello stato di Rakhine, dove la Cina sta tentando di costruire un’altra importante tappa della sua iniziativa OBOR.
Una situazione similare si è verificata nella vicina Thailandia, dove il terrorismo in stile jihadista è comparso nelle tensioni religiose sviluppatesi in quel paese fra le varie comunità come fattore di potenziale destabilizzazione di un paese che è un altro importante partner del progetto cinese della Belton Road.
L’esperienza degli ultimi decenni ha dimostrato che, in molti casi il lavoro sporco, di reclutare e finanziare i gruppi terroristi viene affidato all’Arabia Saudita che è legata da una alleanza strategica con Washington.
Quando si verificano azioni di terrorismo eclatanti, come quella dello Sri Lanka, bisogna sempre chiedersi a vantaggio di chi questi attacchi possono risolversi ed è evidente il collegamento quando il paese colpito si trova in contrasto con l’Ordine Globale imposto dagli USA. Nel caso in cui non sia possibile istigare un cambio di regime, i servizi di intelligence di USA e Arabia Saudita ricorrono agli attacchi terroristici per destabilizzare un paese e per eventualmente giustificare (come avviene nelle Filippine) il mantenimento delle proprie basi militari. Questo collegamento rappresenta la pista dei mandanti che porta direttamente a Washington ed a Rjiad.
Fino a quando non sarà sollevata la cortina di complicità con le organizzazioni terroristiche, saremo costretti ad assistere ad una intensificazione di queste azioni nei paesi dell’Asia così come è accaduto in Medio Oriente.
Gli sponsor del terrorismo sarebbero facilmente identificabili con una indagine seria ma risulta comodo far credere che ci sia una internazionale del terrore, che si muove “motu proprio” per motivi di fanatismo religioso.