La guerra di Ernst Jünger contro il Nichilismo [5]
Un altro segno del nichilismo che ci consente di stanarlo laddove si nasconde è costituito dalla scomparsa del meraviglioso. Tutto viene ridotto, infatti, dalla ragione rinchiusa nelle operazioni tecniche a misurazione, a dato quantitativo, determinando con ciò la scomparsa della qualità, dell’individualità irriducibile ad altro. Segno affine è la tendenza alla frammentazione e all’atomizzazione che si manifesta anche in quelle che Dilthey chiamava le scienze dello spirito, nelle quali si smarrisce e scompare la vocazione sinottica, il senso dell’unità, lo sguardo capace di abbracciare il cosmo intero.
Eppure già Aristotele aveva riconosciuto alla metafisica il ruolo di filosofia prima proprio perché indagante l’essere in quanto essere a differenza delle altre scienze che invece studiano l’essere in un suo aspetto determinato; anche la filosofia, nella degenerazione meccanicistica e antiumana deve ridursi a frammento se non addirittura a mero processo. Proprio per questo il nichilismo riduce tutto a cifra e risorsa quantificabile: anche l’amore e l’erotismo che si spogliano dei simboli che li hanno sempre accompagnati nel processo di civiltà per diventare qualcosa di molto simile a prostituzione, anche quando non pagata. La quantificazione, infatti, con il suo criterio puramente economicistico e utilitaristico, entra in tutti i campi, sconsacrandoli.
Questi fenomeni diventano evidenti oltre la linea, che non è, come interpreta Heidegger, il confine del nichilismo, ma la zona mediana, quella che conduce al nichilismo compiuto. Certo dalla linea la testa può intravedere una via d’uscita, comprendendo il rischio dell’annientamento assoluto; e qui Jünger pensa al pericolo atomico come spinta ad arrestare il progresso tecnico scatenato e lasciato a briglia sciolta e come sollecitazione a costituire una terza forza: un’Europa capace di frapporsi nello scontro delle superpotenze e assicurare la pace. In attesa che anche il corpo passi la linea e il nichilismo venga risolto e attraversato del tutto, si apre la strada se non alla salvezza, alla speranza. La speranza – non a caso uno dei temi più trattati dallo scrittore tedesco nel secondo dopoguerra – già di per sé incrina il potere del nichilismo in quanto inserisce nella rigida realtà della tecnica uno spazio residuale indisponibile all’omologazione: uno spazio individuale, privato.