La guerra di Ernst Jünger contro il Nichilismo [7]
Grande attenzione, nell’era del nichilismo, va prestata al Leviatano, lo Stato moderno disorganico. Lo Stato ridotto a macchina che riduce a macchina uomini e valori, che subordina ogni aspetto sociale alle sue prestazioni economiche, infatti, sfrutta le energie migliori di chi lo compone, identificandosi surrettiziamente con la patria. Né la democrazia ha cambiato le cose, anzi, ha solo reso più evidente la coercizione universale.
Questo Leviatano che usa la forza strapotente della tecnica è di molto più forte dei suoi predecessori e molto più pericoloso, perché non si accontenta più della sfera tradizionale del suo dominio, quella pubblica, ma insidia lo spazio interiore dell’uomo, la sua libertà, per conformare i singoli totalmente alla sua logica e assicurarsene, con le buone o con le cattive, la dedizione.
Quanto l’analisi dello scrittore tedesco abbia colto nel segno, lo possiamo constatare in questi ultimi tristissimi tempi, in cui il politicamente corretto e la sua neo-lingua tentano di pervadere tutti gli spazi, anche quelli intimi e privatissimi della vita umana. Trasgredire alle norme del politicamente corretto, in gran parte trascritte nelle leggi e solo in minima parte rimaste sottintese, significa consegnarsi all’emarginazione, al discredito e, domani forse, al carcere.
Più lo Stato moderno parla di diritti e più li circoscrive e li nega; più si propone in una veste tollerante e buonista e più lede le principali libertà individuali, prima tra tutte quella di pensare con la propria testa e maturare idee difformi. Ogni mezzo viene utilizzato: dai giornalisti, utili idioti del sistema, alle presunte personalità note che assumono atteggiamenti ridicoli – dalle secchiate in testa all’indossare magliette di un determinato colore a favore dei diseredati del pianeta, dimenticando, magari, di stare in posa sul terrazzo della propria villa al mare, indossando un rolex – quando il pensiero dominante, che del resto li paga lautamente, chiama a raccolta. Anche certe ipocrisie sono linguisticamente cadute e si parla apertamente di non-umani, di nuovi barbari, per chi vuole rimanere estraneo ai riti collettivi; la vecchia frase di Voltaire – non la penso come te, ma darò la vita affinché tu possa dire ciò che pensi – un tempo citatissima, ora è completamente dimenticata o meglio omessa perché sarebbe una nota dissonante.
C’è persino chi mette in discussione il suffragio elettorale, quando il popolo – sempre più spesso – si esprime contro le élite. Del resto, lo stesso tema del nichilismo, un tempo discusso tra filosofi non costituisce più un argomento: oggi si usa il sinonimo di società liquida, e lo si usa per esaltarla come premessa di liberazione delle potenzialità umane, quando invece è il cancro che ormai devasta l’organismo sociale. Irreversibilmente?