Mi sembrò strano

 

Mi sembrò strano

In giro per il mondo ad uso propaganda sovietica, fu chiesto a Yurij Gagarin, ufficiale di marina e primo cosmonauta (1961), se avesse mai letto un libro di autore italiano. La risposta fu lapidaria: in accademia, si leggeva, come manuale, X Flottiglia Mas del comandante Junio Valerio Borghese. Gelo degli astanti. Mi conferma l’episodio anni dopo il nipote, anch’egli di nome Valerio e che avendo sposato una russa, come il nonno del resto, è di casa sul fronte dell’Est.

È narrazione asciutta delle vicende che vanno dalla dichiarazione di guerra all’armistizio dell’8 settembre del ’43. Saggio più che diario. Nell’ultima pagina si racconta come, avendo acceso per caso la radio, egli venne a sapere della firma di quella resa militare politica etica, proposta ad indorare il sapore amaro sotto forma d’armistizio. Nessuno lo aveva avvertito, nonostante il comando strategico del suo reparto. Commenta e conclude: “Mi sembrò strano”.

Vi è in quella frase così minimale, quasi una confidenza, un’interiore inquietudine un malessere misto a offesa ironia di fronte all’orrore improvviso alle rovine di una vita e di straordinarie imprese per mare un disfacimento totale di uno stato di un popolo intero e per più generazioni a venire. Il presente e tanti accadimenti dal dopoguerra ci confortano, purtroppo, nella nostra lettura. E ben ebbe ad osservare il poeta Ezra Pound, che certo sapeva scrutare nelle pieghe della parola scritta come quella frase rendesse tutto il libro “poesia”…                                                                                                       

Tutto questo preambolo – difetto reiterato del mio personale approccio alla pretesa d’essere “scrittore” -, che comunque ha un senso e qualche meritevole curiosità, per ricordare che un libro è contenuto e forma, visibili entrambi, ma possiede sovente un suo più segreto messaggio un non detto a dare un di più e valore al detto palese. N’è consapevole lo scrittore che lo cela come scrigno magico o appartiene al lettore farsene carico di scovarne la presenza? M’è tornato a mente sfogliando in seconda battuta il libro di Adriano La mia Avanguardia. E preciso subito che è lettura cara ma rappresenta qualcosa di molto lontano e per lo scrittore di oggi e per anni che mi si impose mantenere la distanza. Il saggio verità la cronaca in successione cronologica l’analisi politica sono fuori dall’immaginario di Don Chisciotte Cyrano di Bergerac il Corsaro Nero, compagni a me diletti.                                                                                                  

Cosa, dunque, mi connette e coinvolge, se le vicende narrate mi videro in rarissimi momenti presente e le modalità di scrittura altre? È che Adriano, come di sfuggita si rendesse timoroso farne fulcro, ci ricorda che la Comunità di Avanguardia è stata capace di preservarsi umanamente oltre il logorio del tempo perché germogliò fra i suoi militanti un “essere Stile” al di là e al di sopra dei valori d’impegno e di lotta… Già, lo Stile.

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