La guerra di Ernst Jünger contro il Nichilismo: conclusioni

 

La guerra di Ernst Jünger contro il Nichilismo: conclusioni

Esistono nel deserto del nichilismo delle oasi, dei margini dove è ancora possibile coltivare la libertà? Per Jünger occorre cercare là dove la terra è selvaggia, là dove il Leviatano non ha accesso ed è impotente.

Nella terra selvaggia occorre non temere la morte altrimenti il bisogno di sicurezza richiamerebbe il Leviatano, il quale baratta la sua volontà di dominio totale, come si è detto, con la garanzia della sicurezza non più solo individuale, ma, coerentemente con la sfera del suo dominio, planetaria. La necessità della difesa – prima durante la Guerra fredda e poi con le guerre antiterroristiche americane – sono il cavallo di Troia con il quale il Leviatano cerca di introdursi nella cittadella dell’interiorità e conformare a sé l’uomo.

Accanto alla terra selvaggia, l’eros: due persone che si amano si sottraggono al Leviatano, creano spazi che egli non controlla. L’eros è vincitore sulla tecnica, però, solo quando gli impulsi debordano nell’amore o nel sacrificio, altrimenti l’impulso erotico è il corrispettivo organico della tecnica. Per questo eros è anche amicizia. Insomma, è nell’ambito dell’assoluto spazio privato che esiste, per lo scrittore tedesco, la salvezza; solo nel petto dell’uomo sta il centro di ogni deserto e rovina; qui si combatte la lotta decisiva che, se vinta, costringerà il niente a ritirarsi in se stesso, liberando sulla riva i tesori che aveva sommerso.

Per questo bisogna affidarsi agli artisti contro il cattivo gusto dell’età nichilistica e a quei pensatori che vivono al confine con il niente dopo aver superato le certezze razionalistiche e rievocato gli antichi appigli: i presocratici, la gnosi, gli eremiti della Tebaide. La poesia e il pensiero che non calcola sono infatti estranei al mondo ridotto del nichilismo. Solo così il pensiero torna ad interrogare lo spirito e a cercare risposte superiori a quelle che la scienza ottiene interrogando la materia.

Il pensiero attuale è inadeguato e ha bisogno di percorrere sentieri nuovi, che possono anche essere interrotti: di qui la ricchezza di nuove possibilità, ma anche il rischio del fallimento. Il confronto del pensiero jüngeriano col nichilismo non termina con Oltre la linea, ma continua lungo le linee di un recupero della trascendenza; con ciò dimostrando come lo scrittore sia riuscito a comprendere la corretta eziologia del nichilismo, che è prima e al di là della ragione tecnico-scientifica: la riduzione della realtà e della vita al piano dell’orizzontalità.

Ovunque la vita perda la sua spinta verso il trascendimento, l’oltre da sé, là alberga e domina il nichilismo.

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