La rivoluzione conservatrice di Adriano Romualdi [2]

     

La rivoluzione conservatrice di Adriano Romualdi [2]

Adriano Romualdi individua come elemento comune a tutte le diverse anime della Rivoluzione Conservatrice il trattato di Versailles e l’idea della Grande Germania e di conseguenza il tema del riscatto e anzi del rilancio imperiale tedesco.

Per raggiungere questo scopo alcuni pensano a un’alleanza con la Russia, popolo giovane e anticapitalista –  come van den Bruck -,  il cui panslavismo viene declinato in senso contadino, tradizionale e religioso – come Tomas Mann e Spengler -; altri invece prospettano un’alleanza dei popoli nordici in funzione antibolscevica. A questi ultimi appartengono i nazionalsocialisti di Monaco che Romualdi tende ad avvicinare alla Konservative Revolution, nonostante il tema razziale, così centrale nel movimento hitleriano, sia del tutto secondario se non assente nel movimento conservatore tedesco e le persecuzioni che molti esponenti del movimento subiranno durante il regime nazista.

La Rivoluzione Conservatrice, del resto, costituisce una galassia estremamente variegata di cui Romualdi disegna una mappa molto articolata e approfondita: dai neoconservatori che guardano alla tradizione fredericiana e in genere prussiana (Spengler, van den Bruck, Carl Schmitt, Baeumler) ai conservatori cattolici e medievaleggianti (Othmar Spann, Heinrich, Edgar Jung e Walter Schotte, questi ultimi due consiglieri ideologici di von Papen, entrambi eliminati nella notte dei lunghi coltelli); dai conservatori luterani di tradizione prussiana al socialismo prussiano, al confine tra neoconservatori e nazionalrivoluzionari, come Carl Dryssen. Lo stesso nazionalsocialismo, lungi dall’essere un corpo monolitico, ebbe al suo interno, almeno fino al momento della resa dei conti, la corrente nazionalbolscevica, rappresentata da Ernst Niekish e dalla rivista «Resistenza».

Numerosi i movimenti giovanili, a dimostrazione che la Rivoluzione Conservatrice non era un’ubbia intellettuale, ma una forza ideale capace di aggregare intorno a sé in vista di un fine palingenetico, tanto morale quanto politico. Adriano Romualdi vede il nazionalsocialismo come costituito da tutti i diversi elementi rivoluzionario-conservatori: la fede imperialistica di Spengler, la dittatura plebiscitaria di van den Bruck, la mobilitazione totale di Jünger, le concezioni bündish nelle Ss e la Hitlerjügend; escludendo soltanto i nazionalbolscevichi e i corporativisti cattolici. A questi elementi, il nazionalsocialismo aggiunse un moto attivistico che i circoli non avevano e che spiega perché Hitler disprezzasse i cenacoli völkish allo stesso modo di come gli esponenti rivoluzionario-conservatori disprezzavano Hitler.    

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