Un duplice centenario

 

Un duplice centenario

Un duplice centenario, due anniversari. Il 23 marzo del ’19 in piazza San Sepolcro, a Milano, si ritrovano sollecitati da Il Popolo d’Italia diverse decine di anime inquiete, di spiriti audaci, di cuori palpitanti per dare vita ad un nuovo soggetto politico. E’ la nascita dei Fasci di Combattimento, tenuti a battesimo e guidati da Benito Mussolini, alla direzione dell’Avanti nella città lombarda ed espulso dal Partito Socialista per la sua scelta a favore dell’Intervento dell’Italia nella Grande Guerra (espulso o fu sua la decisione ad andarsene?). Atto primo di una sequenza di accadimenti, consegnati oramai alla Storia, e su cui gli studiosi – e la politica – si soffermano e si interrogano – mentre la politica, miserrima, si accontenta della demonizzazione -. In entrambi i casi carne sangue ed ossa di un corpo vivo e, come affermava Nietzsche, espressione dello Spirito… E tanto basta per chi, come noi, non vi scorge il ‘male assoluto’ ma il passo ardito della Rivoluzione. Pur consapevoli che tanto appartiene alle circostanze e al tempo, errori compresi e qualche inganno, ma che se fu – e fu – una visione del mondo, essa porta con sé una universalità…                                                                             

Nel 2002 Claudia Salaris pubblica Alla festa della rivoluzione con sottotitolo Arditi e libertari con D’Annunzio a Fiume. Un successo e, soprattutto, uno sdoganamento. Già l’opera monumentale di Renzo De Felice su Mussolini (opera che io amo poco e nulla, anche se ne riconosco l’importanza per una critica più serena e articolata) aveva messo in luce come l’impresa di Fiume vedesse il Vate – il poeta D’Annunzio – e il politico emergente – il futuro Duce – non sempre in sintonia, anzi in rivalità per la guida di un movimento che avrebbe dovuto condurre l’Italia a destini nuovi e più alti. Ne fa fede il recente libro di Giordano Bruno Guerri “Disobbedisco”. Cinquecento giorni di rivoluzione. Fiume 1919-1920.

Mussolini ne avrebbe tratto ispirazione, ad esempio, in quel dialogo con la folla, a lui tanto congeniale, in simboli rituali motti ardimentosi, il famoso “eja eja alalà!”, il saluto romano, come in quella “sinistra fascista” (termine che aborro ché il Fascismo è ben oltre e, semmai, frutto maturo del socialismo) si ritrovarono molti di coloro che s’erano abbeverati alla Carta del Carnaro. E, aggiungo, si fa proprio qualcosa che in fondo si condivide e si ama. Ore 13,30 dell’11 di settembre, in divisa da ufficiale dei lanceri di Novara, Gabriele D’Annunzio è pronto a lasciare Venezia e raggiungere la punta di San Giuliano a Mestre. Poi la marcia trionfale verso la città Olocausta… In questo 2019 vi è, lo dico sommessamente, anche un ulteriore anniversario, che mi riguarda, mio malgrado: cinquant’anni dal 12 dicembre ’69, ove in piazza Fontana, a Milano, Banca dell’Agricoltura… questa, però, è altra Storia.

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