L’Asse della resistenza ha cambiato gli equilibri nel Medio Oriente


 

L’Asse della resistenza ha cambiato gli equilibri nel Medio Oriente

L’equilibrio delle forze sta cambiando molto rapidamente in Medio Oriente. L’esercito siriano e i suoi alleati avanzano sul fronte di Idlib, l’ultima ridotta dei terroristi sostenuti dall’Occidente nel nord della Siria.

Una nuova coalizione, formata da Iran, Iraq, Siria e Libano degli Hezbollah, si è fatta strada in Medio Oriente, con grande preoccupazione per Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita (la triade che voleva distruggere la Siria).

Se a questa alleanza si aggiunge la posizione della Turchia e dell’Egitto, paesi che hanno manifestato una volontà di rifiuto di fronte alle richieste degli USA, se confermata, come tutto fa pensare, sarebbe una scossa fatale per le aspirazioni regionali di Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita.

Israele, che occupa la maggior parte delle alture siriane del Golan dal 1967 di cui ha deciso l’annessione (illegale e non riconosciuta dall’ONU), ha subito un doppio rovescio nella Siria e nel Libano. Il regime di Tel Aviv intendeva anche annettere le aree di confine siriane, ma la presenza dell’esercito siriano e di Hezbollah ha contrastato questi piani. I terroristi jihadisti, anche con il sostegno israeliano, non sono più in grado di attaccare militarmente l’asse della Resistenza.

Israele, inoltre, è preoccupato per il coordinamento tra le forze siriane, iraniane, irachene e libanesi, preoccupazione aggravata per il sostegno russo a questo “set”, ma la parte peggiore è che l’unione di tutti questi eserciti e forze arabe e iraniane gli impedirà di stabilire la sua egemonia in Medio Oriente.

La conferma di questo viene da due ultimi raid dell’aviazione israeliana effettuati su postazioni delle milizie sciite presenti in Iraq. Un pericoloso allargamento del conflitto che porta anche l’Iraq a schierarsi contro Israele; un grosso sbaglio fatto dalla dirigenza di Tel Aviv.

In questi sviluppi, Israele, suo malgrado, ha dovuto assistere alla vittoria dell’asse della Resistenza alle sue porte, un asse per il quale la causa palestinese e l’unità dei popoli contro Israele sono una priorità.

A questo bisogna aggiungere i cambiamenti che avvengono in Palestina. A Gaza, Hamas ha cercato e ottenuto una riconciliazione con l’Iran e la Siria. In Cisgiordania, le cellule di resistenza contro le forze di occupazione si moltiplicano. Israele non ha avuto la capacità di affrontare la minaccia di Hezbollah e ha fallito nel suo piano di occupare il Libano del sud.

In Siria, gli americani non possono più fare nulla per Israele. Hanno fatto di tutto per mantenere l’ISIS a est, ma hanno fallito. A Raqqa, ora ci sono i curdi a cercare di impadronirsi della Siria nord-orientale e questi non sono ostili alla Siria di Assad, vista la minaccia di un intervento della Turchia.

Sono state le politiche nordamericane a determinare questo processo e gli altri attori ne hanno subito le conseguenze. Ne è derivato quello che viene chiamato “l’asse della resistenza”, che non è altro che un blocco di paesi coalizzati nel contrastare i piani egemonici di Israele e degli USA nella regione.

Gli analisti internazionali sottolineano che di seguito si è verificata anche la frattura degli USA con la Turchia, un paese della NATO, un alleato preferenziale degli Stati Uniti per decenni che, oggi, volta le spalle agli USA e si allinea alla Russia, con l’acquisto di sistemi difensivi S-400 e con gli accordi di cooperazione economica e militare. Fallisce anche il progetto della “NATO araba”, una doppia sconfitta per Washington.

Non bisogna perdere di vista le relazioni privilegiate che questi paesi hanno con la Russia, come dimostrato dal deciso appoggio militare che Mosca ha garantito all’Iran di fronte alle minacce americane, facendo così scoprire il bluff dell’Amministrazione Trump nel minacciare una guerra con l’Iran. Questa non è possibile a meno di non voler provocare un conflitto mondiale.

L’intero processo in corso non è altro che la conseguenza delle politiche squilibrate che gli Stati Uniti e le potenze occidentali hanno operato con il pretesto “perché Israele deve essere protetto.” Sulla base di questa premessa è stata condotta una geopolitica del caos alla ricerca del controllo di passaggi e materie prime. Il progetto egemonico di USA e Israele è ormai fallito.

 

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