9 agosto 1918, campo di aviazione di San Pelagio. Poco dopo le 6 del mattino. Il poeta Gabriele D’Annunzio si leva dal letto e passa in rassegna i piloti della squadriglia La Serenissima. Lo stormo si libra nel cielo terso volando oltre la quota dei 3000 metri per sottrarsi all’artiglieria austro-ungarica. Sorvola le Alpi e, intorno alle ore 9, è sopra la città di Vienna con la gente che, sorpresa prima e timorosa poi di un possibile bombardamento, rimane attonita con il capo rivolto verso quegli aerei nemici che, al contrario, inondano tetti campanili piazze strade con migliaia di volantini tricolori e un messaggio irridente e immaginifico del Vate. Volteggiano gli aerei simili a farfalle per volgersi infine sulla via del ritorno.
Ascolto Il volo su Vienna composto da Enrico Ruggeri con voce roca e inconfondibile. ‘Quella linea in terra non vedo più’ (…) ‘Andare via per essere lontano – e toccare il paradiso con la mano – tra la verità la luce e il mio destino’… Cantava Bennato ‘sono solo canzonette’, non sempre però, a volte divengono poesia, ‘musica di sentimenti’ per dirla con Marinetti, confine.
Lo stesso Marinetti aveva definito ‘disertori in avanti’ i circa 2500 soldati che si erano uniti a D’Annunzio quando, nella sua rossa automobile (una Isotta-Fraschini), si era presentato alle porte di Fiume il 12 settembre del ’19. Il generale Vittorio Emanuele Pittaluga, che avrebbe dovuto impedirne l’ingresso, non se l’era sentito di sparare sul poeta fattosi avanti e mostrato il petto con le decorazioni di guerra. Inizia così quella Reggenza del Carnaro, breve nel tempo (‘il Natale di sangue’ del ’20 l’aveva conclusa a cannonate per ordine di Giolitti), ma carica di significati valenze intuizioni feconde e riti simbologie richiami di cui il Fascismo si fece interprete, nonostante oggi si voglia scindere, anzi mettere in contrasto il futuro Duce con il Poeta. Esperienza, quella di Fiume, che solo di recente ha trovato riconoscimento tramite il bel libro di Claudia Salaris Alla festa della rivoluzione.
‘Disobbedisco.
Così aveva risposto Gabriele D’Annunzio quel dodici di settembre al generale Pittaluga, poco prima di arrivare a Fiume, mostrandogli il petto grondante di medaglie.
– Ho capito. Ella, generale, farebbe anche tirare sui miei soldati, che sono fratelli dei suoi… Ebbene, prima che sugli altri, faccia far fuoco su di me – disse picchiandosi il petto.
– Non io farò spargere sangue italiano – disse il generale chinando la testa. E le nostre autoblinde spezzarono la barra di Cantrida come un fiammifero che incendiò il sangue tornato a riempirci le tempie.
Fiume, l’Irredenta, era lì’. (tratto da Sulla cima del mondo di Orlando Donfrancesco, historica edizioni, libro che – confesso – mi ha non del tutto convinto, di cui comunque devo ringraziare Daniele per il dono).
Disobbedisco… simile a quel ‘Anche se tutti, io no!’ che ha segnato il tratto di tanta nostra strada.