Mario Michele Merlino ed Emanuele Casalena hanno edito per le edizioni di Passaggio al Bosco un volume scritto a due mani che in realtà può considerarsi un libro doppio, come gli antichi dischi che riportavano sui due lati due canzoni diverse. Lo stile, però, accomuna le pagine nel disegnare un mondo diverso, una vita altra da quella massificata, anonima e grigia dei tempi presenti.
La narrazione di Mario è una sorta di diario intimo vergato con un flusso di coscienza che se è stato sempre la cifra stilistica dei suoi lavori letterari, assume un’acme diversa che nasconde il soggetto e spesso ritorna su se stesso come il serpente uroboro, costringendo il lettore a calibrare continuamente la lettura su di un vissuto che non ha la pretesa di definirsi esemplare, ma ha l’ambizione di essere paradigma di un essere e vivere contro. Una specie di Confessioni che non costruiscono però un percorso soteriologico come quelle agostiniane, ma un fare i conti con una rivoluzione fallita; una rivoluzione che voleva essere antropologica prima ancora che politica e che ha consumato la sua speranza sulla scalinata di Valle Giulia. Una vita è però fatta anche da incontri che ci costruiscono; e Mario ripercorre i tanti incontri con coloro che la rivoluzione l’hanno vissuta e vinta, diventando altri e più alti rispetto a un mondo che nelle rovine d’Europa seppelliva anche l’orgoglio e la speranza.
Emanuele Casalena presenta una serie di ritratti di artisti, pittori scultori e non solo, attraversati dal filo rosso della rivoluzione espressiva. Da Burri a Soffici, da Cristina Campo ad Albertazzi, da Terragni a Lina Arpesani, da Lorenzo Viani a Boccasile fino al fascista rosso Ottone Rosai, sono uomini e donne che la rivoluzione non hanno solo teorizzato sulla pagina o incisa nel bronzo e nel marmo o rappresentato sulle assi di un palcoscenico, ma hanno attraversato mettendo in gioco tutto se stessi e pagando, spesso, il prezzo della vita o della damnatio memoriae. Non si tratta di evocare fantasmi, ma di ricordare che lo stile ribelle è sempre un’opzione disponibile a chi abbia la forza e il coraggio di pagare un prezzo.
Certo, i tempi non sono più favorevoli a ricevere la cifra stilistica della vera originalità – vera perché vissuta – e allora gli autori si affidano ai ricordi e ai ritratti per vincere la noia borghese, come recita il sottotitolo. Ma, come ricorda spesso Mario nelle sue pagine, il rito del solstizio celebra la fine della lunga notte e la resurrezione del sole invitto.