Scuola di Pensiero Forte [71]: la contemplazione, eccellenza dell’agire umano
Così si può estendere lo stesso ragionamento anche per la contemplazione, la quale sembrerebbe non essere un’azione in quanto mancante dell’azione esterna, ma che in realtà rimane tale essendo «actus intellectus»[1]. Solo se l’azione esterna fosse pura, ovvero non mossa da alcuna volontà, non pre-meditata, allora troveremmo azione e contemplazione tra loro contrapposte. Ma nell’uomo l’azione è sempre azione meditata. Ogni azione dell’uomo è a lui stesso imputabile perché è derivata da una sua svincolata deliberazione. L’uomo, a differenza degli animali, è responsabile di tutte le proprie azioni proprio in virtù del fatto che esse sono frutto di un discernimento, di una libera scelta, di elezione di un’azione rispetto ad un’altra. La contemplazione è dunque per eccellenza l’atto proprio dell’essere umano.
Ora, proprio perché all’uomo è possibile contemplare, può scegliere di farlo. L’elezione riguarda infatti solo le cose possibili. Gli uomini infatti, di fronte ad un’azione impossibile, non hanno dubbi sul da farsi: «si ritirano, come incapaci di procedere oltre»[2]. Nessun uomo per raggiungere un fine sceglierebbe un mezzo per lui impossibile.
Molto chiara è l’equazione elaborata dall’Aquinate: «Il mezzo [..] sta al fine come la conclusione sta ai principii»[3].
Come attentamente nota san Tommaso, però, come un fine non viene raggiunto se non con un mezzo possibile, così da principii possibili non segue alcuna conclusione se non una conclusione possibile. «Ora, nessuno si muove verso ciò che è impossibile. Perciò nessuno tenderebbe al fine, se non gli apparisse possibile il mezzo per raggiungerlo»[4]. Da qui consegue che «le cose impossibili non sono oggetto di elezione»[5].
Tuttavia tale asserzione sembra perdere di validità qualora si pensasse a chi, convinto di poter intraprendere una certa azione, tentasse di compierla e si scontrasse poi con una realtà che gli impedisse di compierla. Ora è dunque bene distinguere tra le azioni del tutto impossibili e le azioni impossibili per alcuni. È evidente che nessun uomo dotato di buone facoltà razionali sceglierebbe mai come mezzo per raggiungere il proprio fine un’azione del tutto impossibile, come per esempio per un uomo spostare un grande peso con la telecinesi. Potrebbe però un atleta, in virtù delle proprie doti fisiche, scegliere di alzare tale carico con le sole proprie forze; mentre sarebbe impossibile per un bambino compiere la medesima scelta. Ecco dunque che la telecinesi sembra essere un’azione del tutto impossibile, mentre l’azione dell’atleta impossibile per alcuni. È possibile però che anche l’atleta non riesca nell’impresa, dunque si troverebbe nella situazione di aver scelto un’azione per lui impossibile. È dunque questo il luogo per una precisazione: «può capitare l’elezione di una cosa ritenuta possibile per chi sceglie, ma che di fatto non è possibile per lui»[6]. Allora è più giusto concludere che nell’asserzione tomista «le cose impossibili non sono oggetto di elezione» i termini «cose impossibili» sono da intendere come «cose del tutto impossibili».
Tuttavia in tutto ciò è stato dato per scontato che l’agente voglia scegliere. È allora qui che san Tommaso si domanda se l’elezione sia necessaria o libera. Avendo dunque sostenuto nel precedente articolo che essa riguardi solamente i mezzi e non il fine, risulta che l’elezione sia libera e non necessaria: se è vero che un uomo non può fuggire dalla ricerca del bene, che è il fine, non è altrettanto vero che non possa sottrarsi anche dai mezzi volti a raggiungerlo. Quale uomo tende al male? Nessun uomo vi tende volontariamente, ma qualora lo facesse, lo farebbe convinto di star perseguendo il bene.[7]
«Soltanto il bene perfetto, cioè la felicità, non può essere appreso dalla ragione come un male, o un difetto. Ma l’elezione non ha per oggetto il fine, bensì i mezzi, come abbiamo già spiegato: non riguarda il bene perfetto, cioè la beatitudine, ma gli altri beni che sono beni particolari»[8].
La scelta si presenta dunque solo riguardo i mezzi. L’uomo si scopre capace di poter scegliere tra una molteplicità di opzioni, all’interno delle quali si presenta anche la fuga. Esso si può sottrarre all’elezione, può decidere di astenersi dalla scelta.
Quante volte si presentano occasioni che conducono al fine ultimo, ma che l’uomo non coglie come utili e perciò non sfrutta. E quante volte queste occasioni rappresentano proprio quei mezzi indispensabili per il raggiungimento di questo fine.
[1] San Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q.13, a.4, Ad.2
[2] San Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q.13, a.5, Co.
[3] Ibid.
[4] Ibid.
[5] Ibid.
[6] San Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q.13, a.5, Ad.2.
[7] Cfr. San Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q.13, a.6, Co.: «Ed è per questo che l’uomo per necessità vuole la beatitudine, e non può volere l’infelicità»
[8] San Tommaso, Summa Theologiae, I-II, q.13, a.6, Co.