Il diavolo probabilmente

 

Il diavolo probabilmente

«La verità è che qualcosa ci spinge contro quello che siamo». «Bisogna starci, starci sempre». «Sennò passi per quello che protesta sempre». «Ma chi è allora che si diverte a farsi beffe dell’umanità?» «Già, chi ci manovra sotto sotto?» «Il Diavolo probabilmente». Un affollato autobus si muove lungo le strade di Parigi. I passeggeri iniziano un discorso, secco e surreale, quanto profetico. La forma così minimale è condizione per la tragicità. Ti attraversa come una lama a cui non riesci ad opporre resistenza. Robert Bresson firmava nel 1977 il suo penultimo film, Il diavolo probabilmente. Il protagonista sprofondato nell’insopportabilità del vivere, si fa uccidere da un amico perché non trova il coraggio di compiere l’estremo gesto da solo. Ultimazione tragica del vuoto interiore, suo e di una società che ha perduto il vero senso spirituale.

È di pochi giorni fa la sentenza della Corte costituzionale sulla non punibilità dell’aiuto al suicidio, poste in essere, però, alcune condizioni del malato, fra cui il risultare affetti da una patologia irreversibile fonte di sofferenze fisiche o psicologiche che egli reputa intollerabili, ma capace di prendere decisioni libere e consapevoli. Ma la vera Libertà sgorga sempre dalla fonte della Verità. Se un uomo, o addirittura un’intera società vive nella menzogna, possiamo ancora parlare di libertà? Agiamo o in realtà siamo agiti? «Qualcosa ci spinge contro quello che siamo», profetizzava Bresson, come chi riesce a vedere le cose “al chiaro”. Fra le svariate letture e riflessioni sul tema, noi ne proporremo una insolita, in chiave demonologica ed escatologica. Solo qualche lampo, beninteso, per lasciare a ciascuno la libertà di indagare più a fondo, meditando in silenzio.

Il nichilismo, il vuoto di senso sono la risultante ultima del relativismo che fonda lo spirito moderno. L’ermeneutica sparge interpretazioni come semi su di un campo; alla fine, è proprio la realtà a sparire del tutto. Da un lato, quindi, resta la disperazione per la mancanza totale di senso, dall’altra il tenace aggrapparsi all’unica forza che non ci mandi in frantumi: la dispotica determinazione del proprio Io. Ma molti Io che si fronteggiano causano rivalità e la rivalità sfocia nella violenza che può essere direzionata anche verso se stessi. La recrudescenza di questa violenza – che si agita tanto sul piano materiale che culturale – è sintomo dello scatenamento finale delle forze diaboliche. Forze che pertanto superano la dimensione umana e contro le quali sono necessarie armi specialissime.

Il dualismo è la posizione più facile, a portata di mano; conservazione-rivoluzione, e la lotta si trasforma in un’enorme gabbia dalla quale è quasi impossibile fuggire. Davanti allo spettacolo del male opponiamo con forza il bene; ma quale bene? Ciò che resta oggi, è solo moralismo, e il moralista separa ciò che è buono da ciò che è malvagio con l’ingenuità di un fanciullo, ignaro del fatto che viviamo intrappolati nella piatta immanenza del mondo moderno e siamo privi di un universo metafisico-simbolico; l’unico che può dare senso ad ogni cosa! Egli ha la vista corta e si ritrae dall’ombra come una pudica donnicciola fugge sgomenta davanti ad un uomo importuno. Non così il giovane cavaliere che si addentra nella foresta chiamato da una voce misteriosa a cui non può resistere. E fida che Essa guiderà la sua inesperta spada. Abbandona un mondo, per andare a conquistarne un altro molto più grande. Come sentenziò Guénon, quando di una Tradizione spirituale resta soltanto la dimensione morale, non le si può più riconoscere questo titolo. Come pretendere allora di sfidare le armate della dissoluzione, con questa lama spuntata senza offrirsi al ridicolo e al reiterato fallimento? Fronteggiare il nemico che sferza colpi sempre più acuti, sul suo stesso terreno, denota, ahimè, una imperdonabile ignoranza.

 

Il mondo moderno è una creazione delle forze antitradizionali, sia di quelle che sovvertono i costumi e la cultura, che di quelle tecnologiche, capitalistiche e finanziarie. Nel loro regno, perciò, esse si trovano perfettamente a loro agio. Gli ultimi lacci con la Tradizione sono stati recisi; lo spirito della modernità ha definitivamente incarnato il suo immaginario. Quale allora il senso di una sofferenza che non trova cure? Chi crede di averlo trovato, restando però fedele alle forme di questo mondo, è solo schiavo dell’illusione del suo sentimentalismo. Chi invece il senso lo ha conquistato davvero, vive già fuori da questo mondo, perché ne ha oltrepassato le forme e le consuetudini.

 

In Cielo si combatte già una battaglia furibonda, e così di rimando anche qui sulla terra. Ma è battaglia di Spiriti, ovvero di Intelletto. Solo restaurando il vero universo simbolico-metafisico si è pertanto pronti per contrastare le forze della sovversione che stritolano gli esseri conducendoli alla morte. Un mondo contro un altro mondo, questa è la vera battaglia. Essere capaci di immaginarlo, tale universo, oltre ogni forma e schema che ci lega ancora alla modernità, è però la prima sfida. E l’ora è più che mai opportuna, proprio perché tarda. Compiere una scelta radicale è davvero l’unica via, la chiamata finale, dello Spirito probabilmente.

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