Abilitazione all’italiana: i ragazzi con la valigia
Anche quest’anno le orde di aspiranti avvocati, molti delle quali reduci di precedenti sessioni, si accingono a presentare domanda di partecipazione all’esame di abilitazione avvocato, che si terrà il 10/11/12 dicembre presso tutte le Corti di Appello d’Italia, sottoponendosi ad un lungo ed estenuante percorso, strutturato in prove scritte ed orali, che impegnerà i più fortunati per oltre un anno solare.
Le sedi di svolgimento dei lavori sono scelte liberamente da ogni Corte di Appello, sovente all’interno di un capannone o di uno stadio sportivo privo dei servizi garanti della dignità umana.
Dei partecipanti allo scritto solo il 30 % circa sarà ammesso agli esami orali, tale percentuale non si determina per risultanze oggettive ma per mera volontà prestabilita dalle sottocommissioni, formate da avvocati in carriera, con il risultato di penalizzare molti aventi diritto all’entrata nel mercato del lavoro.
Il business che ruota attorno al concorso è smisurato: case editrici, per l’acquisto da parte dei candidati dei codici commentati con la giurisprudenza più recente; trasporti, tra cui le linee extraurbane e ferroviarie; alberghi; b & b; ristoranti; trattorie e cosi via dicendo: senza considerare che molti dei partecipanti sono mantenuti dai genitori.
Per molti di loro, però, la corsa a paludarsi della toga non finisce qui, il prossimo anno ripresenteranno la domanda ed il risultato, nonostante tutta la buona volontà, sarà l’ennesima delusione e non si sa per quanti anni ancora, perché la toga è riservata solo per alcuni adepti, clientes dei partiti.
L’era del digitale ci ha portati ad un cambiamento radicale dello stile di vita, molti risultati si ottengono in tempo reale, la trafila della selezione che subiscono i candidati, invece, procede con il vetusto metodo cartaceo: redazione motivata di pareri scritti su un caso tra quelli proposti.
La valutazione che esprimeranno i sottocommissari sugli elaborati rischia di essere viziata da possibile conflitto di interesse, rispetto all’allargamento di nuovi professionisti nel settore.
Sarebbe auspicabile una ristrutturazione dell’esame in argomento con metodi oggettivi, come ad esempio i quiz, cosi come avviene in molti Paesi Esteri.
Da parecchi anni si registra il fenomeno della fuga di denaro italiano che confluisce nelle casse estere a seguito dell’abilitazione straniera che molti dottori italiani in legge preferiscono conseguire.
Tale abilitazione ha un costo esorbitante, pare che si aggiri attorno alle 10.000,00 euro, in cambio però i dottori ricevono nell’arco di qualche mese il titolo di avvocati stabiliti e possono immediatamente esercitare con le stesse prerogative di quelli italiani.
Nulla cambia nella sostanza, l’ordinamento italiano che dovrebbe proteggere le risorse umane dei propri comparti professionali lascia tutto all’anomia.