Scuola di Pensiero Forte [73]: ragionare davanti al mondo


 

Scuola di Pensiero Forte [73]: ragionare davanti al mondo

Per mettersi in gioco, è necessario conoscerne le regole. Per quanto la vita si una scommessa, una sfida continua fatta di prove, essa ha una sua dinamica razionale, nel senso che è comprensibile dalla ragione poiché ordinata e strutturata in maniera estremamente precisa: le scienze, sia umanistiche che tecniche, prodotto dell’intelletto umano, continuamente ci vengono in aiuto per comprendere il funzionamento dell’universo-mondo, per quanto riguarda la nostra singola esistenza così come per la vita in generale.

Dall’altra parte, però, dobbiamo arrenderci davanti alla evidenza della drammaticità della vita, del suo continuo divenire che è fatto di eventi, circostanze, scelte che sono inoppugnabilmente inevitabili. In un certo senso, potremmo riprendere e fare nostre le parole di Blaise Pascal, che del romantico tormento per il senso della vita ne ha fatto il centro della sua indagine filosofica, quando scriveva: «Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso. Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli spaventosi spazi dell’universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di questa immensa distesa, senza sapere perché sono collocato qui piuttosto che altrove, né perché questo po’ di tempo che mi è dato di vivere mi sia assegnato in questo momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutta quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un atomo e come un’ombra che dura un istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa morte, che non posso evitare.»[1]

Sotto il tono poetico di queste parole, si cela la sconcertante verità della finitezza dell’uomo. E per indagare questa verità, andando ad esplorare l’ultimo argomento di questo secondo ciclo di Scuola, dobbiamo soffermarci anzitutto a riflettere su come la società di oggi sia affetta da un male – non solo da uno! – i cui effetti ricadono direttamente sulla nostra capacità di riflettere sulla verità della nostra vita: tale patologia esistenziale è la negazione della trascendenza dell’essere, cui fa seguito, come effetto necessario, la negazione del valore della morte.

Volendo comprendere meglio questi due argomenti, dobbiamo con sincerità riconoscere che il mondo di oggi continuamente ci invita a non-riflettere, a non usare la ragione. Se infatti la persona si sofferma a ragionare ed usa l’eccelso strumento della Ragione, ben presto si renderà conto che il nostro vivere quotidiano è oppresso da un sistema di menzogne, violenze, falsità di ogni specie, messe in atto per determinare la vita degli uomini in un modo ben definito e pianificato. La politica, l’economia, le dinamiche sociali, le scienze, i poteri religiosi, tutto concorre alla ri-definizione dell’identità e della vita umana in cui il punto focale è la negazione delle verità fondamentali dell’essere. Il cosiddetto “sistema” non è fatto soltanto di meccanismi politico-giuridico-finanziari, perché questi si possono tranquillamente sovvertire con una rivoluzione, una guerra o una catastrofe naturale; no, il vero successo è trasformare la vita delle persone, cambiarne la mente, in poche parole mutarne la Ragione o, peggio ancora, renderle incapaci di usarla.

Perché è sin dai tempi antichi che vale il detto “dividi et impera”, ovvero dividi e comanda, perché il potere funziona solo dove si rompe l’unità, sia essa della persona, della famiglia, della comunità, della società intera. Una persona divisa in se stessa non sarà mai capace di realizzare il proprio Bene, non giungerà mai alla felicità piena ed autentica, né tantomeno sarà capace della comunione necessaria per vivere insieme al prossimo, ovvero vivere la politica[2].

Pertanto, appare improrogabile la scelta di una formazione che permetta una emancipazione dalla schiavitù del sistema, ma ancor prima dalla propria ignoranza, assumendo la consapevolezza della propria dignità e della indispensabile scelta di diventare protagonisti della

 

[1] Blaise Pascal, Pensieri, n.194, a cura di G. Auletta, Mondadori, Milano 1994.

[2] Ribadiamo, ancora una volta, che il significato del termine è da intendersi nella sua accezione classica, nobile e veritiera, vale a dire “prendersi cura del Bene comune”.

Torna in alto