Aquila della notte ha 70 anni

 

Aquila della notte ha 70 anni

Il Complesso Museale di Santa Maria della Scala a Siena (ex grande ospedale dinanzi al Duomo) ospita la mostra “Tex 70 anni di un mito “dal 23 novembre al 20 gennaio 2020. Non è una prima, segue alla kermesse di Roma chiusasi al Mattatoio di Testaccio il 14 luglio scorso.

L’invincibile Aquila della Notte non è andato in pensione con la legge Fornero, anzi continua a lavorare come ranger fregandosene anche della quota 100. Piccola noticina personale, conservavo gelosissimo i primi 100 numeri, a cui il trasloco di casa fu fatale. Siamo quasi coetanei con Tex, gente del dopoguerra con ancora i calcinacci addosso ma fermentati dal sogno italiano del boom economico, della ripresa ballata a ritmo di rock and roll, mentre Carosone cantava “tu vuò fa’ l’americano” e tutti sognavamo la burrosa Marylin nel nostro letto. Bonelli capì al volo che il mito del cow boy esportato dallo zio Sam col cinema, il 7° cavalleggeri come i marines in Normandia, potevano essere raccontati a fumetti ma declinati all’italiana. John Wayne o Gary Cooper sì, ma Tex è fratello di sangue dei perseguitati indiani Navajos avendo preso in sposa la squaw Lilyth che gli ha dato Kit l’unico figlio. Al fascino del cavaliere senza macchia e paura, un don Chisciotte al galoppo col fido Dinamite nelle praterie col più anziano Kit Carson, aggiunge un umanesimo profondo volto a spazzar via con le spicce ogni ingiustizia senza pregiudizi di sesso, di razza, di livello sociale, Tex è in pratica un Baiardo cristiano anche se accoppa i satanassi con le sue colt 45, gonfia di cazzotti i potenti di turno collusi con il male, senza guardare a convenienza e pedigree sociale del malcapitato, bisogna capirlo il padre glielo avevano ammazzato i malviventi.

Bello, forte, invincibile, difensore strenuo del bene contro il male, il cow boy free ranger col fascino dei quarantenni potrebbe godere delle muliebri grazie offerte dal gentil sesso e qualche amoruccio prematrimoniale fa capolino nel suo cuore d’hidalgo, ma dopo aver sposato la bellissima Lilyth, figlia del sakem (capo) dei Navajos Freccia Rossa secondo rito indiano, le sarà fedele anche post mortem.   quando lei sarà uccisa dal vaiolo (virus dei bianchi).

Chissà se Sergio Leone non si sia ispirato a Tex nel disegnare il profilo di Jo (Clint Eastwood) nella sua primula western Per un pugno di dollari. In un piccolo centro della Sierra San Miguel , ai confini col Messico, strozzato dalla lotta tra due famiglie “mafiose” per il dominio assoluto sul paese. quell’uomo senza nome, antieroe mercenario in cerca di dollari facili, si trasforma in cavaliere con il poncho anziché la corazza, con intelligenza  e astuzia, come Tex, riuscirà a liberare San Miguel dalla mafia e uccidere il drago del male incarnato da Ramon. C’è di più, quel pugno di dollari guadagnato con furbizia, lo dona alla bella Marisol costretta all’adulterio contro la sua volontà, la guerra di Jo è vinta anche sul fronte della violenza alle donne e con un gesto di cuore che ci ricorda S. Martino.

Ma Tex è anche l’incarnazione dell’Anarca jungeriano, ha impressa in sé la libertà come valore assoluto non negoziabile, serve la giustizia ma secondo il proprio metodo eterodosso, fuori da regolamenti avvertiti come cappi, va dritto allo scopo di sconfiggere il cattivo di turno mandando al diavolo ogni compromesso. Vive libero sotto le stelle, il ranch l’ha lasciato al fratello, è un nomade per istinto e lavoro di ranger libertario, indifferente ai soldi, alla vanità del successo, un’anti icona del profilo cult americano ma anche dell’untuoso trasformismo nostrano incarnato per es. da Alberto Sordi.

Il binomio Giovanni L. Bonelli e Aurelio Galleppini (il mitico Galep) ci hanno regalato un eroe positivo tutto italiano trapiantato in Texas seppur vive e lavoara in Arizona, è capo riconosciuto di tutte le tribù Navajos, sbroglia coi suoi pards la matassa criminosa sicuro che la giustizia è quella naturale impressa nel nostro cuore aldilà di codici e codicilli e per questo fu bollato d’essere un “fascista” antigarantista. Amiamo Tex perché incarna, purtroppo solo su carta, quello che ciascun buon italiano vorrebbe tanto essere ma non è, però almeno rinverdisce ad ogni mese un sogno facendoci tornare adolescenti guasconi. Tanti auguri a te Tex, al più vecchio personaggio dei fumetti, non una ruga, un capello bianco, un reumatismo, hai traversato il nostro tempo bucando la storia e diventando un mito.

Torna in alto