APPROFONDIMENTI: il mondo Neo, Greta e Dio
E’ uno di quei giorni in cui la malinconia ti prende e fino a sera non ti lascia più. La mia fede è troppo scossa ormai, ma prego e penso fra di me, proviamo anche con Dio, non si sa mai. Così cantava Ornella Vanoni nel 1979, con il bel testo di Giorgio Calabrese. Mi sento in catene, carcerato nel mondo Neo, troppo cambiato, troppo nuovo, troppo brutto per viverci. Non c’è alternativa, inutile sognare un’isola di Utopia abitata da esseri umani diversi da quelli che incontro per strada. Uomini, poi… Lupi e sciacalli, volpi e pecore, greggi, da ultimo anche sardine. Un giardino zoologico post umano in cui la realtà è in esilio chissà dove. Dice bene Marcello Veneziani: nell’epoca della neo sinistra post marxista, post tutto, ma sempre progressista, il nemico pubblico numero uno è la realtà, contro la quale è in atto una guerra spietata.
Se togliamo gli occhiali rosa e sputiamo le pillole rassicuranti prescritte in dosi omeopatiche dai cantori del migliore dei mondi possibili, l’Unico caleidoscopico, psichedelico, orgiastico, in cammmino verso il Meglio, vediamo solo rovine. Macerie fumanti dappertutto; le ridicole sardine neo-sinistre (caso psichiatrico: manifestazioni governative contro l’opposizione) organizzano giornate per l’” immacolata contraccezione”, usando l’immagine della Madonna. Benevenuto Allah, se li ridurrà al silenzio per blasfemia e manifesta stupidità. La televisione pubblica, intenta ad officiare la messa laica della nuova fede neo progressista, eleva all’altare Nilde Iotti, comunista filo sovietica, amante di Togliatti, riciclata come esempio di femminismo, liberazione, democrazia, progresso eccetera eccetera.
Dall’altro lato, pubblicità murali con il faccione di Matteo Salvini e il perentorio slogan “prima gli italiani”, invitano al “no tax day”. Sciagurati, non siete in grado di utilizzare la lingua degli italiani, proprio coloro che, assicurate, vengono “prima”. Siete passati dall’ampolla del dio Po alle stelle e strisce. Irritante ansia di colonizzazione: padroni a casa nostra, masters at our house, oh yes. Voglio tornare bambino, come il tormentone del comico Gabriele Cirilli, fare fagotto e fuggire in un Altrove qualsiasi. Ma non si può, non si deve. Camillo Sbarbaro, poeta troppo presto dimenticato, scrisse una lirica, Taci, anima stanca, che torna in mente quando lo scoramento sembra sopraffare il desiderio di combattere. Termina così: perduto ha la voce la sirena del mondo, e il mondo è un grande deserto. Nel deserto io guardo con asciutti occhi me stesso.
Occhi asciutti per non cedere, guardare avanti e, se possibile, lasciare il segno. Dire la propria, sfoderare la spada, sentirsi orgogliosamente l’anello debole di una catena. Osservava Raph Waldo Emerson che l’anello debole di una catena è in realtà l’anello forte, perché è quello che la spezzerà. Proviamo, allora, a denti stretti, a orientarci nel mondo nuovo, Neo, senza cadere in depressione.
La percezione di un profondo oscuramento del mondo può essere l’effetto di una vita sfortunata o di malinconia patologica. Di fronte alla prospettiva esistenziale ridotta all’individuo alla ricerca del nuovo, il Neo, l’eziologia del disturbo è il disagio sociale, i sintomi la malattia collettiva che si riflette nella vita. Si tratta di capire se la percezione di un mondo oscuro risponde a uno stato collettivo.
Qui inizia il problema, perché la percezione negativa non è integrale se non in casi terminali, prossimi alla disperazione e al suicidio. Là fuori c’è ancora un universo di bellezza abbagliante. Basta ascoltare la voce del vento, guardare negli occhi di una persona amata, osservare i giochi visionari dei bambini. Sono spettacoli quotidiani sempre più difficili da contemplare. Respiriamo l’aria putrida del mondo postindustriale e non troviamo uno sguardo pulito in cui cercare accoglienza e comprensione. Ripenso a una riflessione di Nicolàs Gòmez Dàvila: “la saggezza di questo secolo si riduce all’osservare il mondo con lo sguardo amaro e sporco di un adolescente depravato”.
La speranza non può essere vincente in queste condizioni, ma sopravvivono oasi di resistenza testarda in cui l’incontro e la comunicazione sono possibili e l’atmosfera si fa respirabile. Sono sempre spazi in rovina, residui, vestigia antiche di un ordine abitabile. Solo a parlarne, si attirano tutti i demoni del Neo mondo. Si trovano negli angoli non sporcati dal respiro torbido del Mercato, hanno resistito chissà come, custoditi da qualche anima buona. Dove le leggi, i burocrati e il mercato si ritirano dopo aver eseguito il loro sporco lavoro, non rimane granché, l’incontro diventa immediatamente una sanguinosa battaglia. Sono gli spazi della vita umana che non hanno conosciuto il trattamento distruttivo della politica o dell’economia e sono stati in grado di preservare la loro architettura tradizionale. Taverne e case di campagna, modesti edifici, chiese in rovina, vestigia, residui delle comunità in cui vissero generazioni di gente nostra di cui rimangono resti in alcuni avatar contemporanei deformati.
La prossima catastrofe, la crisi e la guerra sono così temibili perché non ci sono più i resti del vecchio campo di battaglia, trasformato in teatro di operazioni, in grandezza economica e tecnica, statistica, spazio per la sperimentazione e lo sterminio. L’uomo nuovo, Neo, il cui precursore è stato l’uomo moderno, ignorerà completamente le istituzioni e i modi del vecchio. Neo non saprà mai che cosa ha perso e sarà convinto che ogni cambiamento è un profitto netto; sarà un perfetto progressista guidato da una tecnologia di cui egli stesso è l’opera ultima. Sarà un uomo libero da ideologie, figlio di questa epoca “senza alternative”, annunciata decenni fa dalla signora Thatcher. Vedremo, infine, che “la grande trasformazione non ha avuto nulla di ideologico. Ciò che causò l’esplosione della cellula familiare asfissiante e obsoleta non furono né lobby né dottrine; Erano gli smartphone. Quelle macchine sofisticate e miniaturizzate si infiltrarono progressivamente senza problemi nelle case più chiuse, e tutti potevano sbarazzarsi dei legami della carne e dell’angustia del luogo.” Così si esprime in un recente testo Fabrice Hadjadj.
Quel progressista assoluto, ignaro del principio di precauzione, convinto che c’è guadagno senza perdita, si condanna a un sofisticato silenzio orientato a inibire qualsiasi aspirazione metafisica. Nel momento in cui lo sfiorerà il bordo ghiacciato della solitudine, troverà il vuoto inconsistente della sua esistenza artificiale. La tecnologia che lo abbutisce gli consentirà di prolungare le sue giornate, si chinerà sullo schermo come il bimbo chiamava sua madre dalla finestra. Ma la voce che grida è distante e severa, proviene da oltre la superficie elettronica, più reale di un fantasma. Il mondo Neo, l’uomo Neo ha bisogno più del suo antenato di ieri di fascinazioni collettive, eventi, festival dell’oblio mascherate da nobili cause nel territorio del senso smarrito.
Una di queste fascinazioni, costruita a tavolino nelle officine del potere benevolo e soavemente totalitario, ha un nome e un volto, quello dell’adolescente malata Greta ossessionata dal cambiamento climatico. Si svolge a Madrid un’eccitata conferenza mondiale sul clima, una di quelle fiere globali delle parole e della demagogia offerta a tonnellate che tanto incantano il Neo umano globale. Servono sogni senza risveglio, tipo la chimera della natura intatta opposta all’orizzonte apocalittico che ci minaccia. E’ vietato – un segno dei tempi- discutere i dieci comandamenti del clima e dell’ambiente. La voce di Greta risuona nell’affollatissimo deserto. Quello del clima è l’unico cambiamento che dispiace all’uomo Neo, prigioniero dell’idea fissa di muoversi, correre, cambiar pelle.
Il mondo Neo di cui Greta è l’accigliata, vulnerabile profetessa, più che suscitare allarme, genera un insormontabile disprezzo quanto l’evidente propaganda, lo scenario ridicolo e sentimentale che lo circonda. La contraddizione tollerabile ha un limite che è stato superato dai capitani dell’esercito del clima. Predicatori di virtuosa austerità, instancabili viaggiatori preoccupati per la crescita economica, utenti compulsivi delle tecnologie che la loro profezia richiede di abolire, conducenti dei veicoli vietati dalle loro prognosi, vendicatori del colonialismo e del patriarcato in nome di un’era di pienezza consapevole e armonia, di pace beata e salvifica fratellanza (e sorellanza, perbacco!). Un’indigestione di parole, mere parole.
Non vogliono sentir parlare del mondo contadino, della vita circolare legata i ritmi naturali delle epoche oscure pre-tecnologiche, dei costumi tradizionali, del silenzio e della parsimonia di una vita offline. Affermano di lottare per la salvezza del pianeta: una battaglia elegante, igienica e profumata. Molto Neo. Soltanto la loro universale futura umanità realizzerà il sogno di un individuo sano e libero dalle vecchie determinazioni storiche e dal loro carico distruttivo. Senza alcuna identità, il nuovo uomo prenderà ciò che vuole e – sovranamente libero – sarà di qui e di lì, questo o quello, senza l’aggravio di alcuna tradizione, senza la pressione delle forme ancestrali di dominio a definirlo. Greta, simbolo inconsapevole e malato del Neo, ci mostra la strada per l’animale superiore post-umano, come i potenti che la ospitano e fingono di inchinarsi alla sua ossessione di ragazzina affetta da sindrome di Asperger suggeriscono la strada per nazioni trascese nell’Unico finanziario, tecnico e consumistico.
Greta e il Neo mondo concorderanno con i visionari di domani un governo, anzi una governance globale che ci porterà, nonostante l’opposizione di pochi nostalgici, all’ordine di infinite possibilità: senza patria, senza famiglia, senza Dio, senza storia. Senza dominio, dicono senza vergognarsi. Saremo tutti fratelli e parleremo la neolingua più o meno anglo-americana, mangeremo verdure crude ed insetti, berremo acque cristalline, simbolo di pensieri chiari, puri, trasparenti. I reazionari di ieri saranno aboliti per legge, convertiti o rinnegati, dimenticati dal nuovo ordine di salute e armonia. Finalmente avremo raggiunto lo scopo descritto da Mallarmé: “puliamo le parole della tribù”. Una volta abolita la tribù, la lingua sarà purificata secondo i principi di una neo-lingua libera da vestigia comunitarie, ancestrali e perverse.
Vivremo, infine, una vita senza contraddizioni, la politica sarà trasformata in etologia superiore, il cibo nell’esercizio della nutrizione consapevole, il sesso in sana espansione ricreativa, l’amore in un atto contrattuale di scambio libero e gratuito. Sarà il giorno della grande equanimità, il tempo senza macchia di grande solidarietà cosmica e non dovremo più occuparci di destra e sinistra, connazionali e stranieri. La repubblica delle repubbliche – tante quanti sono gli individui – sarà la Neo società integrata in una natura verginalmente restaurata.
Nel Regno di Man, il Neo uomo, tutte le tracce della storia, della grammatica binaria e patriarcale, del dominio nelle vecchie forme della comunità e della violenza saranno state cancellate. Saremo individui traslucidi, i parlanti di una lingua esatta, benedetti dall’aria intatta di un paradiso in terra, la nostra ultima e più riuscita impresa. Taci, anima stanca e capisci finalmente che Greta è Gesù Cristo, una salvatrice laica che pronuncia a comando mille discorsi della montagna. Cominciamo a pensare che nel mondo Neo, Greta rappresenti il bisogno di Dio fatto carne e televisione. Non è un fenomeno da interpretare in chiave di agenda politica. Non è la lotta tra chi è incline a controllare le emissioni inquinanti e chi è più sensibile agli interessi produttivi con effetti dannosi sull’ambiente. Sarebbe semplice e prosaico: si tratta di religione e millenarismo.
La questione del clima è in fondo aneddotica, secondaria. Il detonatore avrebbe potuto essere diverso. Ciò che è sostanziale nel fenomeno Greta non è la ragazza o il messaggio ambientalista, ma l’inconscia fame di religione dei credenti inconsapevoli che richiama sulla sua strada in tutto il mondo. Credenti a torto considerati in maggioranza atei o agnostici. Le masse audiovisive che Greta muove, ciò che le galvanizza non è l’angoscia per il deterioramento dell’ambiente ma la nostalgia inconsapevole di Dio. Sentono oscuramente il vuoto lasciato da quel Dio lontano e severo della Bibbia, la cui morte certificò con disperata lucidità Nietzsche alla fine del secolo diciannovesimo, progressivo, scientifico, positivista, adulto.
Tra i luoghi comuni che modellano la visione del mondo degli abitanti dell’era contemporanea, il più equivoco è quello della secolarizzazione. In Europa la religione uscì dalla porta nel diciottesimo secolo per rientrare nella finestra poco dopo, coperta da altri mantelli, molto più grossolani e privi del fascino del mistero cristiano. Uno fu il culto della scienza e del progresso. Il comunismo, sebbene i giovani non lo sappiano più, fu lo stesso: una religione secolare chiamata a stabilire il regno di Dio sulla Terra, il Dio della giustizia sociale. Poi il culto della Razza, del Piacere, del Denaro, Mammona negli infiniti travstimenti che celano il ghigno di Mefistofele. Oggi è l’ora del culto neo-pagano e panteista incarnato nell’aspetto allarmato, sinceramente sofferente di una una povera ragazza sfruttata da pescecani. Non è altro che il volto, l’ennesimo, dei sostituti, i surrogati che cercano di colmare il vuoto di Dio. Quel vuoto desolato che lo spettatore può vedere ogni sera in ogni canale televisivo, online e ovunque, un ben organizzato saloon con musica e balli, in realtà una bisca per bari intenti ai loro sordidi affari che ridono della solitudine interiore delle loro vittime.
Non è politica, Greta, né ambientalismo. E’ un Dio minore, un idoletto postmoderno, il Dio Neo apparso in mondovisione di un’umanità orfana. Taci, anima stanca.