Il 3 gennaio 2020, gli Stati Uniti hanno “passato il Rubicone” uccidendo il leggendario comandante delle forze speciali dell’Iran, il maggiore generale Qassem Soleimani. Una dichiarazione di guerra a tutti gli effetti, visto che Soleimani era il n. 3 nella gerarchia di potere dell’Iran. Il modo codardo in cui Soleimani è stato assassinato, con l’invito di recarsi a Baghdad per una conferenza di pace e tendergli poi un’imboscata all’aeroporto, definisce i metodi da gangster dell’Amministrazione USA.
La reazione a questo atto di terrorismo di stato da parte di Washington, nello stesso Iran, mostra che gli americani hanno di fatto dichiarato guerra non solo all’entità statale di questo paese, ma anche a tutto il popolo iraniano.
Probabilmente, il fattore determinante di questa dichiarazione di guerra va ricercato nella insofferenza degli USA e di Israele per il fallimento di tutte le famigerate “guerre per procura” che sono state condotte contro l’Iran per decenni, quelle che hanno tutte mancato l’obiettivo: la resa di Teheran.
Risulta importante capire quale sia l’obiettivo che gli Stati Uniti hanno cercato e quanto alla fine otterranno con il loro omicidio su commissione, che è stato condannato – ufficialmente – dalla Russia, dalla Cina, dalla Turchia, dalla Siria, da Cuba e da altri paesi, oltre che, inaspettatamente, dal Segretario generale delle Nazioni Unite.
Sarà anche importante individuare dove e a quale livello si sia organizzata la trappola in cui è caduto il generale. Gli aggressori e i loro complici verranno individuati rapidamente, e dovranno affrontare una vendetta lancinante.
Israele, che da tempo seguiva le mosse del generale, è stato l’unico paese che ha accolto con favore le azioni di Washington in Iraq.
Soleimani, un patriota e un guerriero fino al midollo, colui che aveva salvato Palmira, e che aveva fatto difendere le comunità cristiane della Siria dall’assalto dei terroristi, era da tempo un obiettivo.
Forse non sono in tanti a ricordare che Israele aveva gioito apertamente un paio di anni fa, sostenendo con orgoglio che durante l’attacco missilistico all’aeroporto internazionale di Damasco, Israele, avrebbe potuto “uccidere” lui, Soleimani. Gli israeliani si congratularono a vicenda. Ma poi è arrivata un’amara sorpresa – e il generale è apparso di persona al funerale dell’ex presidente dell’Iran Ali Akbar Hashemi-Rafsanjani (gennaio 2017).
L’operazione per eliminare Soleimani era preparata da tempo, così che sono in pochi a dubitare che gli americani avevano semplicemente effettuato una “ricognizione” con i loro infiniti avvertimenti di ritiro o non ritiro di truppe dalla Siria all’Iraq, soltanto per iniziare una nuova guerra con obiettivo designato l’Iran.
Bisogna considerare che uno di quelli che avrebbero aiutato la Siria a far ritirare le truppe statunitensi dalla regione, sarebbe stato proprio il defunto maggiore generale Soleimani. Il generale iraniano stava infatti pianificando le azioni della Siria e dell’Iran in questa direzione.
Gli avvenimenti sono poi precipitati e Washington ha preso l’iniziativa di procedere con un omicidio mirato, in stile israeliano, per eliminare il generale Soleimani e il capo delle Forze sciite in Iraq. Un fatto dalla portata enorme.
Non per caso, il 4 gennaio 2020, l’ex ambasciatore americano in Arabia Saudita, Hour Freeman, ha detto alla RIA Novosti russa che l’assassinio illegale dell’IRGC iraniano è stato “un errore strategico che ha trasformato ogni ufficiale militare americano in un obiettivo “.
“Non è stata una rappresaglia, come affermato, ma un uso pianificato del pretesto per uccidere un ufficiale straniero designato come nemico. Queste sono azioni militari che inevitabilmente porteranno a misure di ritorsione”, ha detto Freeman.
l’Iran troverà sicuramente un modo per dimostrare sia la sua padronanza della situazione sia la sua influenza nella regione.
La reazione dell’Iran è arrivata ancora prima di quanto ci si aspettasse. L’Ayatollah Khamenei ha avvertito Trump: «I missili di stanotte sono solo uno schiaffo, la vendetta è un’altra cosa». La risposta dell’Iran quindi sarà di un ordine diverso, poiché l’Iran ha anche un obiettivo differenziato: sicurezza e sviluppo pacifico della propria nazione sullo sfondo della stabilità nella regione.
Il sangue degli statunitensi, degli iraniani e degli iracheni che saranno sacrificati nel conflitto, prossimo a divampare nelle settimane che verranno, sarà sulle mani di Donald Trump e dei suoi consiglieri. Questa sarà una guerra che poteva essere evitata e che non servirà agli interessi nazionali degli Stati Uniti e meno che mai del popolo statunitense. Facile previsione: sarà una guerra devastante.