[In foto: Mosaico (ricostruito) de” La Navicella” di Giotto, Basilica di S. Pietro]
“Wieder mal/auf dem Grat/so nah am Rand/bereit/auf eine oder andere/Seite zu fallen/verdammte Falle/verdammte Falle/schnapp nicht zu!/hӧr zu!/keine Schӧnheit ohne Gefahr!(…) unde keine Liebe…ohne Gefahr” (Ancora una volta/sul filo/così vicino al ciglio/pronto/a cadere dall’una/o dall’altra parte/dannata trappola/dannata trappola/ non scattare!/ascolta!/non c’è bellezza senza pericolo! (…) non c’è amore …senza pericolo). Sono versi riportati dal testo del brano Keine Schӧnheit (ohne Gefahr) del gruppo rock sperimentale Einstürzende Neubauten (nuovi edifici che crollano) inserito in un album dell’87. Musica evocativa di scene surreali, catastrofi urbane, musica sinistra, drammatica metafora della paura umana di trovarsi sul ciglio dell’abisso nella sua precarietà.
Il testo ci invita al coraggio di Odisseo, di Pietro, sfidare il pericolo per conquistare la bellezza-amore della verità nonostante il camminare sulla fune da equilibristi circensi, perché ancora come sempre siamo coi piedi sull’orlo delle dannate trappole che la storia degli uomini dissemina e ripete.
Venendo al tema della nostra riflessione, dall’Amazzonia in fiamme fin all’opulenta Germania s’è alzato l’ennesimo vento riformista della Chiesa cattolica romana e mentre, simile al buon Ulisse, Roma tentennando sonnecchia, alti prelati, teologi e ciurma progressista, hanno spaccato l’otre di Eolo preparando una tempesta sulla dottrina della fede irrinunciabile.
Nei fatti il cattolicesimo eterodosso annovera una legione di porporati e comunità ecclesiali immersi nella cura delle metastasi d’ una gran porzione del mondo, quella soggetta al capitalismo imperialista vocato allo sfruttamento dell’uomo quanto delle risorse della Terra in nome del profitto. E’ lui il Caron dimonio che traghetta gli uomini nell’Ade, ombre spogliate d’ogni bene compresa l’anima, amebe votate all’ingordigia del consumo. Già negli anni ’60, sposando l’analisi marxista, una porzione della teologia cattolica teorizzò una chiesa social, impegnata a fianco delle lotte operaie, degli sfruttati, degli emarginati dal demone liberista. Valga ricordare l’elaborazione, da parte della chiesa latino-americana, nel catartico ‘68, della teologia della liberazione dei popoli oppressi dai regimi militari in Sudamerica, longa manus degli interessi economici dello zio Sam.
Ma un altro gene fecondava il Concilio Vaticano II, era la teologia antropologica di Karl Ranher decisiva nel rendere concreta la riforma della chiesa a partire dalla liturgia, manifestazione di apertura al mondo tanto invocata dal fu dom Franzoni. Il latino. lingua universale della Chiesa fu riposto in sagrestia, tutte le celebrazioni sacre divennero permeabili a lingua e costumi dei Paesi, i laici salirono sul presbiterio leggendo la parola di Dio, eccetto il Vangelo, chitarre elettriche accompagnavano i canti blues o rock della messa, l’eucarestia si riceveva in fila indiana non più in ginocchio, ecc. La Chiesa per stare nel mondo si arrendeva al mondo proprio seguendo la teologia del gesuita di Friburgo riformatore autentico del corpus dottrinale oltre che liturgico della chiesa, una rivoluzione lunga cinquant’anni ma che ora si abbevera a S. Pietro.
Dalla Germania infatti arrivano cirri neri di tempesta, il sinodo “vincolante” dei vescovi teutonici presieduto dal cardinal Reinhard Marx (nomen omen!) galoppa verso una seconda grande Riforma, la seconda dopo quella del 1517 quando l’agostiniano Martin Lutero affisse sul portone della cattedrale di Wittenberg le sue 95 tesi.
Nuotando sott’acqua i porporati tedeschi hanno incontrato quelli immersi nel Rio delle Amazzoni seguiti da un branco di “probati viri” d’ambo i sessi, pronti a far da preti nell’amministrare i sacramenti. Così si son dati coraggio nell’aggredire la traballante navicella di Pietro stante che ha due nocchieri in disaccordo, poco inclini a camminare sulle acque, quanto propensi a far virare da un lato o dall’altro il natante.
Il mondo è fluido, cambia repentinamente, le chiese si svuotano, gli operai sono pochi e vecchi, la rivoluzione sessuale ha rotto il vaso di Pandora e Lucia con Renzo s’è trasformata in una virago in carriera poi l’ecumenismo coi protestanti ha fatto il resto.
Allora una chiesa aperta al mondo non lo molesta con la sua dottrina, la catechesi astratta, ma al contrario recepisce le nuove istanze, si storicizza abbandonando il Cielo e piantandosi bene sulla terra, una chiesa underground insegue gli uomini nei sotterranei, non grida più :uscite dalla caverna di Platone, ma accetta di sedersi a contemplare ombre veloci che passano sullo schermo e si convince che l’unica realtà è quella, la tecno globalizzazione di vizi e virtù con maschere intercambiabili.
Il relativismo è il porto dove far scendere bagagli e passeggeri, ciascuno con la sua verità degna di rispetto e ascolto ma soprattutto di commercio, per assurdo una vittoria proprio del teorema liberal contro il quale la dottrina sociale della chiesa ha combattuto.
Certo molte delle ombre proiettate hanno a che fare col sesso, matrimoni di preti, divorzi, unioni gay, convivenze libere, teoria gender, onanismo, ma nelle acque progressiste nuotano anche aspiranti sacerdotesse, laici untuosi, teologi folgorati dalla modernità, quasi infastiditi che si ammazzino cristiani a giro per il mondo, sono sangue d’ostacolo al dialogo interreligioso.
Il sinodo col chiodo proclama che i suoi lavori saranno appunto “vincolanti” per l’ecclesia teutonica, fregandosene di cartellini gialli o rossi della nemica Roma, così è, se non vi pare, sarà scisma con quel che ne conseguirà per la barca petrina.
“Signore da chi andremo?” è la domanda che ciascun credente pone al Maestro, siamo di nuovo sul ciglio di una trappola, si può cadere dall’una o dall’altra sponda, meglio sembrerebbe restare rannicchiati sulla navicella ch’ ondeggia, forse è meglio provare a scendere e camminare sulle acque sapendo che una mano ferma ci afferra. Non ci sono bellezza e amore senza pericolo recita la canzone.