Traspare il piano americano per la distruzione dell’Iraq collegato alla strategia anti Iran e Cina

 

Traspare il piano americano per la distruzione dell’Iraq collegato alla strategia anti Iran e Cina

Gli avvenimenti di questo mese hanno radicalizzato il confronto degli Stati Uniti con l’Iran, che oggi si è focalizzato sull’Iraq. Ci riferiamo all’omicidio mirato del generale iraniano Soleimani, freddato da un drone americano mentre si trovava presso all’aeroporto di Baghdad in missione diplomatica e con lui Abu Mahdi al-Muhandis, vicecomandante delle milizie sciite, che ha combattuto e sconfitto l’ISIS in Iraq.

La guerra USA contro l’Iraq dura da ben 17 anni. Non bisogna dimenticare che gli Stati Uniti istigarono la guerra dell’Iraq -ai tempi di Saddam Hussein- contro l’Iran, dal 1980 al 1988, quando fornirono armi ad entrambe le parti, al fine di indebolire entrambi i paesi.

Le guerre USA in Medio Oriente hanno sempre avuto come loro principale obiettivo il controllo e il saccheggio delle risorse petrolifere dell’area.

La seconda guerra del Golfo, avvenuta nel 2003 contro l’Iraq, attraverso le note menzogne delle armi di distruzione di massa di G. W. Bush, ebbe l’effetto di rovesciare Saddam Hussein ma anche quello (imprevisto) di consolidare il collegamento dell’Iran con i suoi correligionari sciiti che costituiscono il 75% del popolo dell’Iraq, dove sono due siti sacri della religione sciita: la sua capitale spirituale Najaf (dove è sepolto l’Imam Alì) e la città santa di Karbala.

Oggi il vecchio piano di Washington e di Tel Aviv di balcanizzare l’area Medio Orientale è stato modificato con un piano B, per effetto della sconfitta subita in Siria; infatti la strategia degli USA/Israele si è focalizzata sull’Iraq e tende a riportare i sunniti iracheni in posizione di potere e favorire la secessione del Kurdistan.

Non sarà però un lavoro facile e lo testimonia la grande manifestazione anti americana avvenuta a Baghdad che ha visto circa 4 milioni di persone sfilare, urlando slogan contro l’America e richiedendo con forza il ritiro delle truppe USA dal paese. Manifestazione censurata dalle Tv occidentali.

L’obiettivo è dividere l’Iraq in tre entità, una sunnita, un Kurdistan autonomo ed uno stato sciita; per fare questo dovranno contrastare la resistenza popolare delle forze sciite, armate ed addestrate dall’Iran, che già hanno dimostrato il loro coraggio nelle battaglie contro l’ISIS.

Tuttavia, se esaminiamo a fondo, la finalità ultima delle azioni statunitensi in Iraq non è soltanto contro l’Iran ma piuttosto tende a bloccare l’espansione della Cina in Medio Oriente. Trump e Pompeo vogliono controllare il petrolio dell’Iraq, impedirne la vendita in Cina e far deragliare il grande progetto della Via della Seta.

L’assassinio del generale iraniano Soleimani a Baghdad è stato un errore strategico da parte di Washington che non ha considerato quanto le masse sciite irachene e iraniane della regione si sarebbero galvanizzate nel celebrare il martire Soleimani. Con le sue azioni sconsiderate, l’amministrazione Trump ha messo in pericolo tutto il personale USA, militare o civile, che si trova in Iraq e in Medio Oriente.

Come se non bastasse, dopo 17 anni di occupazione ininterrotta, oggi Trump rivendica spudoratamente il 50 percento delle entrate petrolifere dell’Iraq come compensazione per la sua occupazione militare.

Oggi l’Iraq è sull’orlo del collasso sotto la minaccia delle sanzioni di Trump e del blocco dei suoi conti aperti dalla Banca centrale irachena presso la Federal Reserve Bank di New York, dove Baghdad mantiene le sue entrate petrolifere che rappresentano il 90% cento del suo bilancio nazionale – come ritorsione alla decisione del parlamento iracheno di espellere i 5.200 soldati statunitensi.

D’altra parte le rivelazioni fatte dal premier iracheno uscente, Adil Abdul-Mahdi, denunciano il progetto di Trump del Grande Medio Oriente e la sua doppia trappola per assassinare Soleimani.

Gli esponenti di Washington, nella loro strategia di contenimento della Cina, non hanno perdonato la visita del primo ministro iracheno Adil Abdul-Mahdi a Pechino dal 19 al 23 settembre 2019, dove il presidente cinese Xi ha offerto al premier iracheno grandi accordi di cooperazione: l’Iraq avrebbe esportato 100 mila barili al giorno in Cina, che a sua volta avrebbe preso a suo carico  la ricostruzione del paese nell’ambito della “via della seta”.

Non è un caso che, solo una settimana prima dell’omicidio di Soleimani, si siano svolte nel Golfo di Oman / Oceano Indiano le esercitazioni militari navali integrate di Russia, Cina e Iran.

Le azioni di Washington in Iraq, con l’omicidio del generale Soleimani, piuttosto che danneggiare l’Iran, stanno portando a un nuovo conflitto in Iraq con il tentativo degli USA di mettere sotto controllo Cina e Russia che non rimarranno inerti a guardare.

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